Omelia (20-03-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 16,19-31 Dio conosce per nome il povero Lazzaro (il nome in Israele è manifestazione dell'intimo: Dio conosce la sofferenza di questo mendicante!) mentre non ha nome il ricco epulone che – peraltro – non viene descritto come particolarmente malvagio. Il senso della parabola, la parola chiave, a me pare, è: "abisso". C'è un abisso fra il ricco e Lazzaro, c'è un burrone incolmabile. La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente, è tutta sintetizzata in questa terribile immagine. E' un abisso la sua vita. Probabilmente buon praticante, non si accorge del povero che muore alla sua porta. L'abisso invalicabile è nel suo cuore, nelle sue false certezze, nella sua supponenza. In altri tempi quest'atteggiamento veniva chiamato "omissione": cioè un cuore che si accontenta di stagnare, senza valicare l'abisso e andare incontro al fratello. Quante volte mi sento dire in confessionale: "non faccio del male a nessuno" come il ricco della parabola! Già, ma questa tensione al minimo non può dissetare. Lazzaro, invece, chiamato per nome (tra l'altro: è una contrazione di Eleazaro che significa "Dio ha aiutato") riceve da Dio l'attenzione negatagli dal ricco. Come ci poniamo di fronte a questa parabola? Non possiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà che è la negazione dell'uomo, davanti al problema della disoccupazione, davanti ad un'economia che vive del capitale, scordando l'uomo. L'attenzione al povero, che non è atto volontaristico e sociale tanto di moda oggi, diventa misura della nostra fede. Mi accorgo della povertà economica, spirituale, umana che ho intorno a me? Noi, che abbiamo conosciuto Colui che è più di Mosé e dei profeti, non possiamo far finta di non vedere Lazzaro che muore alla porta di casa. Dio chiama per nome Lazzaro, non gli sgancia dieci Euro. Si lascia coinvolgere, ascolta le ragioni, non accetta gli inganni, aiuta a crescere. Così la nostra comunità, sempre più, deve lasciare che lo Spirito susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano alle nuove forme di povertà. La sete del ricco, finalmente sete di chi ha capito, è una sete che fin d'ora percepiamo se abbiamo il coraggio di ascoltarci dentro. |