Omelia (21-03-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 21,33-43.45 Il dolore di Dio, questo mi sconcerta, mi zittisce. Gesù parla (me lo vedo), sussurra quasi, lo sguardo abbassato, la voce rotta dall'emozione: che fare? Che farò? La storia dell'umanità, ci svela Gesù, è una storia d'amore in crisi, di un innamorato passionale - Dio - e di una sposa tiepida e opportunista: l'umanità. Leggete bene, ve ne prego: quanta dignità in questo padrone che prepara con cura e amore la vigna da dare in affitto, leggete dell'arroganza idiota di questi affittavoli che pensano - uccidendo il figlio del padrone - di diventare eredi (ma che manuale di diritto hanno letto?). Immagine dell'umanità che non riconosce il proprio Creatore, il proprio limite, questa tragica parabola è la sintesi della storia fra Dio e Israele, fra Dio e l'umanità. L'uomo non riconosce il suo Creatore, si sostituisce a lui: ecco il peccato di fondo, la tragica fragilità dell'uomo, credere di essere autosufficiente, senza dover rendere conto, misconoscere il proprio limite. E così accade ancora oggi, all'umanità che invece di orgogliosamente realizzarsi nel dare frutti, pensa a come fregare il proprietario, che nega l'evidenza, che si crede onnipotente. Che fare? Gesù, ora, stenta a parlare, pensa alle sue parole, ai suoi gesti, alla tanta tenerezza, alla profonda e virile umanità mostrata negli anni dell'annuncio. Il problema di fondo, amici, è che all'uomo un Dio così proprio non importa, non lo vuole. Preferiamo un Dio scostante e impettito, forse, onnipotente e freddo da placare o convincere. Che fare? Mi commuove, questo Dio onnipotente come fermato dalla nostra reazione, come un amante scosso, un genitore ferito, un amico che si scopre improvvisamente tradito. Che fare? Questo Dio sconsiderato che rischia la vita del figlio, illuso di suscitare rispetto nell'uomo, se non giustizia. E invece no, anche questo gesto è stravolto, incompreso. Che fare? Gesù non sa più cosa dire, ora, aspetta una risposta dagli affittavoli che - ingenuamente - nell'ottusità del loro cuore, non capiscono che proprio di loro si sta parlando. E inveiscono: morte, punizione, vendetta, maniere forti! Già, replica il Rabbì, già. Così non sarà, così non avverrà. Solo l'ultima parte del consiglio si avvererà: ad altri verrà data la vigna, a noi. Il rabbì, invece, non si vendicherà, ma si lascerà spazzare via piuttosto che usare violenza. Abbi pietà del tuo popolo, o misericordioso! |