Omelia (24-03-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 4,24-30 Il prurito di gettare Gesù giù da un precipizio è un'istinto tutt'altro che sopito, specie di questi tempi. La ragione per cui Gesù viene cacciato dal suo paese con rabbia, è semplice: ha detto una verità inoppugnabile che i suoi placidi concittadini hanno letto come un'accusa nei loro confronti. La verità è che – alle volte – l'atteggiamento dei credenti e dei devoti diventa chiuso e ottuso, impermeabile alle novità di Dio, così che solo i pagani, i non credenti riescono a cogliere con stupore il messaggio sconvolgente del Dio di Gesù Cristo. Già in Israele era successo più e più volte, e la Scrittura ci testimonia la fede semplice di due pagani citati oggi dal Maestro. La vedova di Zarepta che accoglie Elia e Naaman il Siro, lebbroso, che si fida del profeta Eliseo e guarisce. Allora come oggi, è molto più difficile parlare del Signore ad un popolo, il nostro, che crede di conoscerne a sufficienza e con sufficienza tratta l'annuncio cristiano. Peggio: l'incontro salutare con la cultura e con la comunicazione di massa ha prodotto la nascita del cristiano "politicamente corretto", disposto sì a credere, ma scegliendo nel datato cattolicesimo solo ciò che più gli aggrada. Quando poi un richiamo alla coerenza e alla conversione intervengono, ecco il desiderio di gettare Gesù e tutti i suoi profeti giù dal dirupo. Animo, amici, la quaresima serve soprattutto a disincagliare noi cristiani di antica data, a ridare smalto e freschezza alla nostra fede stanca e ripetitiva e se questo significa mettere in discussione qualche nostra certezza, pazienza, purché con verità, arriviamo liberi ad accogliere l'annuncio della Pasqua. I pagani ti hanno accolto con maggiore entusiasmo rispetto ai credenti, Signore. Rompi la crosta di ghiaccio e di abitudine che avvolge il nostro cuore di discepoli se non siamo più capaci di sussultare ad ogni tua Parola. |