Omelia (27-03-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 6,44-51 Gesù viene accusato dai suoi oppositori di compiere la propria opera per mezzo del demonio. Gesù, con decisione e rabbia, dimostra l'infondatezza di tale opinione che rasenta il ridicolo. Sentiamo l'amarezza profonda nelle parole del Rabbì, costretto a difendersi della più ignominiosa delle accuse: venuto a liberare e a salvare, a guarire e a risanare, i suoi gesti vengono infangati dal dubbio. Purtroppo constatiamo anche noi il fatto che il pregiudizio e l'ostinazione del cuore possono diventare insanabili, inguaribili. E' successo anche a me, è successo anche a voi, certamente, di incontrare persone così avverse alla fede, così ostinate nel loro pregiudizio talvolta grottesco, da suscitare sconcerto e rabbia. Mistero dell'animo umano, mistero della libertà dell'uomo che, invece di usare della propria intelligenza per scrutare la verità nelle pieghe della storia, preferisce leggervi tutto ciò che può confermare il proprio pregiudizio. Tira una brutta aria, di questi tempi, specie riguardo ai discepoli del Maestro, accusati di mille nefandezze. La Chiesa si dedica alla missione e alla promozione degli uomini? Ci sarà una ragione misteriosa e perversa. La Chiesa si schiera con la pace? Lo farà per interesse. Dai fantomatici soldi del Vaticano, agli errori commessi nella storia, troviamo sempre delle persone incapaci di cercare con piglio storico e obiettivo la verità, preferendo all'onestà la comodità rassicurante e snob del non mettersi mai in discussione. Pazienza, amici, è successo anche al Signore. Custodiamo con forza la nostra casa, con semplicità evangelica e con gioia il vangelo che ci è stato donato, perché nessuno entri e forzi le nostre certezze della fede. Quando incontriamo un'ottusa resistenza alla nostra fede, quando vediamo una disumana e grottesca ferocia nei confronti della nostra esperienza, rendici forti, Signore, perché anche tu hai dovuto subire l'ingiuria di vedere oltraggiato il tuo amore verso l'umanità e il bene. |