Omelia (22-04-2011) |
don Luigi Trapelli |
Non è facile affrontare il tema della morte di Gesù. Un primo pericolo, è quello di vedere la morte di Gesù al di là del suo aspetto storico, per cui parlando con le persone emerge spesso la risposta: "Tanto poi risorge". Abbiamo l'impressione di un Dio impassibile, che non soffre, perché tanto Dio sapeva di risorgere. Ma non possiamo rifiutare l'umanità di Gesù che, da sempre, ci sconvolge. La morte di Gesù è provocata da una condanna a morte pronunziata da Ponzio Pilato su istigazione degli scribi e dei farisei, che non accettavano lo sconvolgente messaggio di Gesù. La condanna a morte, è la naturale conseguenza di una diversa immagine di Dio rispetto ai giudei e il rischio che Gesù sobillasse il popolo da parte dell'autorità romana. Il motivo dello scontro è il rapporto con Dio che per Gesù è Padre, per i farisei la legge, per i romani le divinità, imperatore in testa. E' uno scontro che riguarda Dio, ma anche l'uomo. L'uomo che Gesù propone è l'uomo nuovo, libero, che smaschera il vecchio, schiavo del peccato. Oggi si parla molto di libertà e si ricade nella fuga dalla libertà o la sua svendita. Si massifica tutto, per cui è importante ciò che dicono i mezzi di informazione, per cui fuggire la libertà sembra l'unico modo per essere sani e normali. Il cammino di Gesù è un cammino di piena libertà di fronte alla legge, ai rapporti con le persone e con il potere, non lasciandosi sedurre dalla tentazione di metterlo in pratica. Un cammino è liberante non quando faccio ciò che voglio o mi piace, ma è fedeltà al progetto del Padre. Libertà è accoglienza, solidarietà, cogliendo l'Amore di Dio per l'uomo e ponendosi a servizio delle persone. Gesù, sulla croce, non propone solo un cammino di vera libertà, ma smaschera la logica del potere, una logica fortemente presente in noi. Noi rischiamo di confrontarci solo con gli altri. L'altro diventa il piedistallo del mio io. Per definire la nostra identità, guardiamo in faccia l'altro per capire chi siamo. In una coppia uno è forte perché l'altro è debole, in una classe uno è intelligente perché l'altro è ignorante e così via. Usiamo il potere nelle relazioni con le persone. Gesù ci fa capire che è essenziale sentirsi amati da Dio così come siamo, accogliendo gli altri senza etichette, riscoprendo la nostra identità di uomini veri. Amare l'uomo nuovo significa anche accettare al tensione e lo scontro, poiché viviamo in una realtà che classifica superuomini e sottouomini. La comunità cristiana è il luogo dove si libera l'uomo nuovo. Le fratture nella comunità cristiana sono legate, in molti casi, non tanto alle idee o alle esperienze diverse, ma a logiche di potere. Gesù è andato coscientemente incontro alla morte e l'ha affrontata con la paura di ogni uomo. Gesù è l'uomo che, nella morte, gioca la sua vita nel Dio di cui ha fiducia. In un progetto di vita dobbiamo inserire la realtà ultima che è la morte. Il problema è capire che la morte è proprio parte integrante della mia vita. Dal momento in cui viviamo, inizia il nostro cammino verso la morte. La vita è un campo aperto di possibilità che gradualmente si restringe. Gesù che ha sperimentato la fatica di essere uomo, ha vissuto la morte non nell'angoscia, ma nella fiducia verso Dio. La vita non è solo il luogo in cui si disfà l'uomo esteriore, ma il luogo dove cresce l'uomo interiore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore dice San paolo. Una morte vista come abbandono della vita in Dio, per cui il criterio è la fedeltà a Dio. La vita non è calcolata sul criterio del successo o insuccesso, per cui è riuscita se c'è bellezza, salute, denaro e fallita se c'è povertà e malattia. La morte stessa parifica tutte quelle differenze che sono false e destinate a cadere. Vivendo nell'amore, le sconfitte non sono insuccessi. Il credente si misura con Dio e non con i criteri del mondo. La morte è l'ultimo grande nemico dell'uomo. Il problema dell'angoscia del nulla in cui le relazioni scompariranno è un'angoscia presente nella vita. Sentiamo che salute e ricchezza svaniranno e finiranno. La paura del nulla ci rende avidi e possessivi, puntando a esasperare il lavoro o gli affetti. Vivere il servizio gratuito e la solidarietà è costruire fin da ora il Regno di Dio, per cui scompare l'angoscia di perdere cio che si è costruito. Gli altri e il mondo li troviamo in pienezza in Dio. Abbiamo davanti a Dio e ai fratelli una grossa responsabilità: rendere vere le relazioni come inizio di una piena comunione con Lui. Gesù è morto in croce proprio in fedeltà a tale progetto. |