Omelia (01-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 5,1-3.5-16 "Vuoi guarire?" Resto sempre perplesso dell'ovvietà delle domande del Signore Gesù. Almeno all'apparenza. Poi, scavando, si scopre una sottile e attualissima sensibilità del Signore, una conoscenza fuori dell'ordinario, per un uomo del suo tempo, dei meccanismi e delle capacità di analisi dell'inconscio umano che possedeva. A tutti verrebbe da dire: "Certo che sì! Ma che cavolo di domande poni?" Invece il paralitico è sincero: "Nessuno mi porta in acqua". No, non era per nulla scontato guarire. Mendicante di antica data (38 anni!) il paralitico ormai si è fatto una ragione della sua malattia e ne trae un mezzo di sussistenza. Si aspetta dagli altri di essere messo nell'acqua, è ormai come alcune delle persone abituate al disagio che vivono di espedienti. La domanda del Signore è, perciò, straordinariamente rispettosa. Vuoi guarire? Sei disposto a cambiare vita, a mettere del tuo? Nella mia esperienza di prete so – come molti miei fratelli – che, molto spesso, solo a parole vogliamo uscire da una situazione di sofferenza o di peccato. So che è molto più semplice cercare delle soluzioni improvvise, anche drammatiche, che mettere in discussione un proprio atteggiamento consolidato negli anni. Ahimé, il Signore conosce questa sottile arma dell'avversario, questo pantano nebbioso in cui alle volte ci fermiamo aspettando il miracolo. E ci chiede, virilmente: davvero vuoi cambiare? Quaresima è occasione di cambiamento, non devota penitenza, quaresima è finalmente l'occasione di convertire il nostro cuore. Ma solo se lo vogliamo davvero... Esperienze negative, educazione, pigrizia, molte cose resistono in noi al cambiamento, alla novità di vita. No, non sappiamo se davvero vogliamo guarire, ma tu – o misericordioso – fa di noi secondo il nostro bene, fa di noi secondo il tuo progetto, fa di noi secondo la tua volontà, amen. |