Omelia (16-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 26,14-25 "Il Maestro ti manda a dire: farò la Pasqua da te con i miei discepoli". Il Signore ci chiede accoglienza, oggi, per celebrare la Pasqua con i suoi discepoli, siamo chiamati a fare della nostra vita una stanza dove il Signore possa sedersi a mensa e donarsi. Gli doneremo questa opportunità? O ci terremo alla porta a sbirciare, o ci lasceremo spaventare dalla nostra pochezza? Leggete, amici, leggete: il Signore vuole che alla sua cena partecipi anche Giuda, non mette condizioni, non occorre essere bravi ragazzi per accogliere la sua Parola, il Signore viene e si dona. Sono ormai le ultime ore, Gesù sente che l'epilogo è vicino e vuole compiere un gesto unico, straordinario, un gesto di dono definitivo. Poi sarà il silenzio, starà a noi capire e schierarci. Accogliere in silenzio e commozione il dono di un Dio che muore per amore. Giuda ha chiuso il suo cuore, il suo migliore amico viene venduto al prezzo di uno schiavo, Povero Giuda! Chissà cos'avrà pensato di fare! Chissà cosa sperava di ottenere con quel brutto pasticcio! Monito per tutti noi: non basta aver conosciuto il Signore, averlo seguito, avere lasciato tutto per diventare suoi discepoli; l'avversario ci è accanto, ci può trarre tragicamente in inganno. Il Signore farà la Pasqua da me, quest'anno. Ecco la mia stanza, Signore, al piano alto. L'ho preparata per la festa del passaggio, per la Pasqua, per ricordare le tante schiavitù da cui essere liberato. L'ho preparata per i miei amici, per la mia famiglia, per le persone che amo. Ma ora è qui per te, usane, se credi, Rabbì, fa come se fossi a casa tua. |