Omelia (17-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 13,1-15 Inizia il Triduo Pasquale, i tre giorni più lunghi dell'anno, le tue ultime ore. Stamani, in tutte le Cattedrali del mondo, i sacerdoti si riuniranno col loro Vescovo per consacrare gli olii della consolazione, poi stasera nella parrocchie, dalle grandi metropoli alle sperdute comunità di montagna, ricorderemo quella dolcissima notte, quella cena piena di emozione in cui hai inventato quel pane del cammino, il momento in cui ogni prete si sente chiamato a ripetere quel gesto, il momento in cui, chiedendo agli apostoli di ripetere quel gesto, hai inventato il sacerdozio... L'ultimo atto inizia qui, con questa Cena che è la presenza del Signore. Lui desidera ardentemente di mangiare la Pasqua con noi: il suo cuore brucia come una fiaccola, la sua Presenza è un incendio d'amore. E Gesù compie, a conclusione di tutto ciò che ha detto e fatto, un gesto che nessuno, neanche gli apostoli, sarebbe riuscito a immaginare: si consegna e si lascia massacrare. I suoi non sono soltanto bei discorsi, vuote parole! Il gesto della morte in croce è definitivo, inequivocabile: non può essere interpretato, ma solo accolto. Gesù sta per vivere l'amore fino al paradosso del tutto, come più volte ha predicato. In questo gesto, ci dice: "Il tuo cuore è indurito, non hai capito che ti voglio bene, l'unico modo per farti capire quanto mi sei prezioso, è che il mio amore diventi sangue versato, dono totale." Giovanni introduce la Passione nel suo vangelo dicendo: "Gesù, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine" (Gv 13,1). Gesù sceglie di donarsi a ciascuno di noi in un modo semplice, povero, scandaloso. Un modo che ci riempie la testa di dubbi: "Come è possibile: un po' di pane, un po' di vino e devo credere che Gesù è presente...." Pascal vi risponderebbe: "Se credo che Dio è diventato un uomo, non faccio nessuna fatica a credere che si possa fare pane e vino."... Gesù accetta il rischio dell'incomprensione. Ancora oggi si consegna. Nelle nostre Eucarestie slavate, senza fede, affrettate, reinterpretate, Gesù accetta di non essere capito. Viviamo questa celebrazione con cuore spalancato, lasciamo che sia riempito di stupore da questo dono senza misura di sé. Noi celebriamo la cena, Signore, e ti rendiamo presente; lode a te, Signore, nostro pane! |