Omelia (08-03-2009) |
Monastero Domenicano Matris Domini |
Commento su Marco 9,2-10 Lectio Contesto La trasfigurazione di Gesù segue immediatamente il primo annuncio della passione; episodio dai molteplici rimandi biblici e simbolici, ha al centro una preoccupazione Cristologia: sottolineare l'identità di Gesù e la centralità della croce per comprenderla autenticamente. Altro elemento tipico di Marco è il legame tra Gesù, il Figlio dell'uomo, e il Regno di Dio; il testo possiede pure un rimando all'episodio del battesimo (1,9-11), in entrambi Gesù è chiamato il Figlio mio, l'amato. 2a E dopo sei giorni, Gesù prende (con sé) Pietro e Giacomo e Giovanni e li conduce sopra un monte alto, in disparte da soli. Il brano si apre con una precisazione cronologica dopo sei giorni che da una parte ci rimanda ai versetti precedenti, ma dall'altra indica un riferimento simbolico: la trasfigurazione avviene nel settimo giorno. Per comprendere l'episodio, infatti, dobbiamo collegarlo alla confessione di Pietro: Tu sei il Cristo (8,29-30) e al primo annuncio della passione che segue (8,31-33)in cui Gesù aveva annunciato ai discepoli la sua morte, suscitando la protesta di Pietro. Per completare il quadro a coloro che volevano seguirlo era stata presentata la necessità di portare la croce sull'esempio di Gesù(8,34-38). Appare chiaro in questo testo di Marco che la sequela di Gesù è sequela della croce e che l'essere discepolo comporta la disponibilità alla rinuncia di sé e al martirio (J. Gnilka). Infine nel primo versetto del cap. 9 leggiamo: "In verità vi dico che vi sono qui alcuni dei presenti, i quali non subiranno la morte finché non avranno veduto il regno di Dio venuto con potenza"; esso funge ad un tempo da conclusione dei detti sulla sequela e da introduzione al testo della trasfigurazione indicando nei tre discepoli i testimoni che (anticipatamente) vedranno il regno di Dio venire con potenza. Anche l'indicazione del monte ha sicuramente una valenza più simbolica che topografica, essendo tradizionalmente luogo della manifestazione divina; il fatto che con Gesù ci siano i tre discepoli che sono testimoni di altri eventi importanti (5,37 e poi 14,33) ci avverte della rilevanza dell'evento. Il nome di Gesù, che non compariva dal v. 8,27, ora nel giro di pochi versetti viene ripetuto quattro volte, ma egli è il soggetto dell'azione solo nel v. 2; ciò che segue gli accade. L'uso del passivo indica l'intervento divino. 2b E fu trasfigurato davanti ad essi 3 e le sue vesti divennero fulgide, molto candide, quali un lavandaio sulla terra non potrebbe rendere così bianche. L'evangelista ci dice che Gesù cambiò di aspetto (metamorfoso) utilizzando un verbo della mitologia greca; egli poi rafforza l'immagine con la descrizione concreta del colore delle vesti e dal riferimento all'opera di un lavandaio (cfr. i passi paralleli di Mt e Lc). Il colore bianco rimanda alle vesti degli esseri celesti e dei beati (cfr. per il N.T. Ap 1,12-16; 4,4; ecc.), così la descrizione intende farci capire che ciò che i tre vedono è opera di Dio e manifesta la gloria celeste di Gesù. 4 E apparve loro Elia con Mosè, e conversavano con Gesù. L'apparizione (Marco usa il verbo ophthe, lo stesso impiegato per le apparizioni del risorto) dei due personaggi dell'A.T. è rivolta ai tre discepoli e anche se nel testo non si precisa l'argomento della conversazione (a differenza di Lc 9,31) sembra che per Marco Mosè sia il modello di Gesù (il profeta che Dio ha promesso, cfr. Dt 18,15), mentre Elia era il profeta atteso, colui che avrebbe preceduto l'arrivo del giorno di JHWH (Mal 3,22-24). Qui Elia è citato per primo e ciò sembra in linea con l'interesse dell'evangelista per la componente escatologica: Gesù introduce alla fine dei tempi e compie le promesse dell'A.T. 5 E Pietro, prendendo la parola, dice a Gesù: "Rabbì, è bene per noi essere qui; e faremo tre tende, una per te e una per Mosè e una per Elia". E' interessante notare che Pietro chiama Gesù maestro, e non Cristo (8,29); per questa e altri particolari confrontare i testi paralleli di Mt 17,1-13 e Lc 9,28-36. I personaggi dell'A.T. sono ora citati in ordine cronologico; nella proposta di Pietro al primo posto è indicato però Gesù. La reazione del discepolo visione è di gioia per l'esperienza anticipata della beatitudine celeste; per lo stesso motivo c'è il desiderio di prolungarla (la proposta delle tende). Non sembra molto opportuno avvicinare l'episodio alla festa delle capanne come qualche esegeta aveva proposto, leggendo l'episodio in senso strettamente storico (vedi Es 25,8; 40,34; Lv 23,34-43). 6 Non sapeva infatti che cosa rispondere, perché erano stati presi dalla paura. La paura, più che derivare dalla rivelazione celeste, è da far risalire alla debolezza umana che rifiuta la croce e la prospettiva dolorosa che Gesù ha annunciato per se e per i suo discepoli. L'evangelista riprende quindi il tema dell'incomprensione di Pietro, già visto in 8,32-33: anche qui il discepolo non sembra accettare la necessità della sofferenza per il suo maestro e per quanti vogliono seguirlo. Indirettamente viene ribadito il legame tra la via della croce e la gloria della resurrezione che la seguirà (anticipata qui nella visione di Gesù trasfigurato). La prima e la seconda lettura che accompagnano il vangelo sono nella stessa linea: il sacrificio del figlio amato (Isacco, Gn 22,1-18) si compie in Gesù; nessuna situazione negativa ci può separare dell'amore di Dio (Rom 8,31b-34). 7 E venne una nube e li coprì con l'ombra, e dalla nube venne una voce: "Questi è il mio Figlio l'amato, ascoltatelo" (Sal 2,7; Dt 18,15) La nube ci rimanda alle manifestazioni divine dell'A.T. (la nube e la gloria di Dio Es 16,10; 19,9; 24,15; 1Re 8,10-12); come in Es 24,16 Dio parla dalla nube che avvolge i presenti e la sua parola qui, a differenza di 1,11, è rivolta ai discepoli. Lo splendore che avvolge Gesù è segno della sua vicinanza a Dio e Figlio diletto assume il significato di titolo regale messianico (il riferimento è al salmo 2). Gesù è così costituito, introdotto con autorità e potenza nel suo compito di Messia (cfr. Rom 1,3s). Poiché per l'evangelista Marco Gesù è Figlio di Dio già da 1,1, in questa pericope l'affermazione acquista il senso di una rivelazione fatta ai discepoli. L'invito ad ascoltare Gesù quindi è un invito pressante ad accogliere l'annuncio della passione, morte e resurrezione, a non rifiutare il destino sofferente del Messia. Questa rivelazione è anche un invito alla sequela, che comporta a sua volta la croce. Pietro impersona i cristiani della prima comunità e di tutti i tempi che protestano e rifiutano la sofferenza del Cristo e dei suoi discepoli. 8 E ad un tratto, guardando intorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Ma la visione termina bruscamente e i discepoli si ritrovano davanti Gesù nel suo solito aspetto umano. I Padri e gli esegeti mettono a volte come nella trasfigurazione la realtà della gloria divina di Gesù, sempre stata presente in lui anche come uomo, sia apparsa in tutta la sua forza. 9 E mentre essi scendevano dal monte, raccomandò loro di non raccontare a nessuno quello che avevano visto, se non quando il Figlio dell'uomo non fosse risorto dai morti. Il versetto riporta l'ultimo divieto di Gesù di rivelare il mistero della sua persona. Questo testo chiarisce in certo modo il senso delle proibizioni che abbiamo incontrate nei capitoli precedenti: solo dopo la morte e resurrezione di Gesù (come in 8,31 designato Figlio dell'uomo), è possibile comprendere le sue azioni, la sua missione e annunciarlo correttamente. Con questo versetto Marco orienta il racconto della trasfigurazione alla resurrezione e unisce il destino di Cristo all'annuncio del regno di Dio; i discepoli hanno visto (eidon ) in modo anticipato quanto promesso in 9,1. 10 E tennero la parola, chiedendosi tra loro che cosa significasse "risorgere dai morti". Il riferimento esplicito alla resurrezione di Gesù (i testi del vangelo sono scritti alla luce di questo evento fondamentale) mette in luce ancora una volta la difficoltà dei discepoli a capire il maestro: come poteva il Messia morire e quindi risorgere?. La pericope si interrompe qui ma i successivi versetti (11-13) con un ulteriore riferimento ad Elia (e a Giovanni Battista) esplicitano questo aspetto: Gesù come il precursore sarà ucciso. I discepoli obbediscono alla raccomandazione di Gesù e tennero la parola; un riferimento a questa esperienza Pietro lo fornisce in 2 Pt 1,17-18. Non dobbiamo cercare il significato del racconto sulla strada della ricostruzione storica, ma nell'accettazione positiva del messaggio di fede e nella disponibilità a seguire Gesù sulla via della croce, sapendo che questa strada non si conclude con la morte. Come dice un antico detto latino: "per crucem ad lucem". Per la meditazione 1) Confrontare il testo della trasfigurazione nei vangeli sinottici ed evidenziare le caratteristiche di ciascuno. Quali sono gli interessi specifici di Marco? 2) L'impegno quaresimale alla luce della trasfigurazione: la penitenza, l'accoglienza della croce sono la strada che conduce alla gloria della resurrezione. Vivo la quaresima in questo clima pasquale? 3) La figura di Pietro cosa mi dice riguardo alla sequela di Gesù? So sempre comprendere ed accogliere quanto chiede nella mia esperienza personale la fedeltà a Cristo? 4) L'incontro sul monte, in disparte, a cui Gesù conduce Pietro, Giacomo e Giovanni ci richiama l'impegno ad una più intensa preghiera ed ascolto della Parola di Dio proprio del tempo quaresimale: quale spazio do nella mia giornata a questi incontri personali con Dio? Preghiamo Salmo Responsoriale (dal Salmo 115) Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi. Ho creduto anche quando dicevo: «Sono troppo infelice». Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Ti prego, Signore, perché sono tuo servo; io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. Orazione O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio... Oppure (Orazione propria della II domenica di Quaresima anno B) O Dio, Padre buono, che non hai risparmiato il tuo Figlio unigenito, ma lo hai dato per noi peccatori; rafforzaci nell'obbedienza della fede, perché seguiamo in tutto le sue orme e siamo con lui trasfigurati nella luce della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo... |