Omelia (15-03-2009)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giovanni 2,13-25

Lectio

Contesto

Dalla III alla V domenica di quaresima il ciclo B ci offre tre testi dell'evangelista Giovanni con lo scopo di introdurci sempre meglio nel mistero pasquale. La pericope scelta per questa domenica ci presenta il tema del tempio, anzi del nuovo tempio, poiché con la Pasqua di Gesù Dio si fa presente nel corpo risorto del Cristo.

Seppur situato nel suo contesto, nei primi capitoli di Giovanni, il brano scelto ha una sua struttura e una sua autonomia. Episodio storico, quella della cacciata dei venditori dal tempio, riportato da tutti e quattro gli evangelisti, in Giovanni acquista un forte carattere simbolico intrecciato com'è ad elementi chiaramente postpasquali.

Posto all'inizio dell'attività di Gesù in Giovanni il brano acquista un significato inaugurale e di presentazione sintetica della sua missione e dell'esito che avrà.

Il testo di san Paolo (1Cor1,22-25) della seconda lettura e l'elenco delle dieci parole (i comandamenti) di Es 20,1-17 in modi diversi richiamano la nostra attenzione sul sacrifici pasquale di Gesù che inaugura la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo.

13 Ed era vicina la Pasqua dei Giudei, e Gesù salì a Gerusalemme.

L'episodio inizia con un richiamo temporale alla festa di pasqua e al primo viaggio a Gerusalemme di Gesù; Giovanni sposta intenzionalmente questo episodio all'inizio della predicazione di Gesù che i sinottici (Mt 21,12-17; Mc 11,15-17; Lc 19,45-48) collocano invece appena prima della sua passione e morte (quando molto presumibilmente avvenne). Lo scopo dell'evangelista è quello di porre un avvenimento significativo all'inizio dell'attività di Gesù, come fa Luca con la visita di Gesù a Nazaret (Lc 4, 16-30), che indichi sinteticamente la sua missione e il risultato che essa otterrà.

Naturalmente la collocazione pasquale è importante per la comprensione dell'episodio e per la presenza dominate del tempio (come vedremo più avanti).

Un altro riferimento interno al vangelo giovanneo, potrebbe essere il testo di Mal 3,1-3: "Improvvisamente verrà nel suo tempio il Signore che voi cercate... Chi potrà sopportare il giorno della sua venuta? ... Egli purificherà i figli di Levi" con un collegamento al titolo di Agnello di Dio che il Battista ha applicato a Gesù (Gv 1,29.36).

In questo secondo capitolo il v. 33 parlerà di nuovo della pasqua, mentre per due volte (vv. 19.22) si farà riferimento alla resurrezione di Gesù: l'evangelista sembra voler sovrapporre la festa cristiana alla pasqua dei giudei.

Con il chiaro annuncio della morte di Gesù inoltre l'episodio si situa in modo simmetrico nel testo giovanneo rispetto al racconto della passione stessa, dando in anticipo un'interpretazione dell'evento che concluderà l'attività pubblica del Cristo. In entrambi i casi è riportato (2,22 e 19,35) un intervento chiarificatore dell'evangelista sul senso dell'evento raccontato.

14 E trovò nel tempio quelli che vendevano buoi e pecore e colombe e i banchieri seduti (al banco), 15 e fatta una sferza di cordicelle, li cacciò tutti dal tempio, e le pecore e i buoi, e versò le monete dei cambiavalute e rovesciò i tavoli,

La presenza del tempio è importante nel testo; esso è però indicato con due termini diversi: tempio (al v.14 è detto hieron) al cui interno (nel perimetro del tempio) era situato il santuario propriamente detto (il naos dei
vv. 19-21) a cui il seguito del racconto fa riferimento. All'interno del cortile esterno del tempio dunque Gesù trova quanti vendevano gli animali per i sacrifici assieme ai cambiavalute; essendo obbligatorio per pagare la tassa del tempio l'utilizzo della moneta prescritta, i pellegrini che giungevano anche da molto lontano dovevano cambiare il loro denaro. Ovviamente la presenza di queste persone e degli animali, funzionale ai sacrifici, non era certo decorosa anche se tollerata. Rispetto al racconto dei sinottici Giovanni mette in scena alcuni elementi come la sferza e l'indicazione degli animali (oltre alle colombe e ai cambiavalute citati dagli altri evangelisti) che rendono la scena più viva.

L'insistenza sugli animali, il cui nome è ripetuto due volte, potrebbe alludere alla sostituzione dei sacrifici antichi con quello definitivo dell'"Agnello di Dio" e suggerire il passaggio dall'ordine cultuale a quello personale nel culto a Dio che Gesù sta per inaugurare.

La reazione di Gesù è in sintonia con il rispetto che egli nei vangeli sempre dimostra per il luogo santo, dedicato alla preghiera e alla lode di Dio, e motivata esplicitamente nel v. successivo.

16 e ai venditori di colombe disse: " Togliete queste cose da qui, e non fate della casa del Padre mio una casa di commercio".

Gesù chiama il tempio casa del Padre mio, e non fa riferimento come i sinottici al testo di Is 56,7 (probabilmente un aggiunta della comunità primitiva), ma a Zc 14,21: "Non vi saranno più mercanti nella casa di JHWH degli eserciti in quel giorno". Non si tratta solo di rivendicare un culto vero e spirituale, ma qualcosa di più profondo. Gesù non si riferisce solo al culto e ai sacrifici, ma al rapporto vivo con la persona di Dio; Padre mio che è un termine tipicamente giovanneo, è un'espressione presente anche sinottici.

17 I suoi discepoli si ricordarono che è scritto: "Lo zelo per la tua casa mi divorerà" (Sal 69,10).

A differenza dei sinottici il racconto giovanneo riferisce la reazione al gesto di Gesù da parte dei presenti, che è duplice: per i discepoli positiva, essi la interpretano come un'azione coraggiosa. Negativa per i giudei seconda i quali è un gesto criticabile; ma non è l'atto in se stesso al centro dell'attenzione, bensì la persona di Gesù che lo ha realizzato.

Per i discepoli il gesto è segno della passione e della determinazione di Gesù per la causa di Dio, indica l'intenzione di compiere la sua missione senza compromessi sull'esempio dei giusti dell'A.T. (Finees, Elia e Mattatia, vedi Nm 25,11; 1Re 19,10.14; Sir 48,2; 1Mac 2,24-26; sal 119) che difesero l'onore di Dio. La comprensione dei discepoli è guidata dalla scrittura anche se il riferimento al salmo 69 può essere un'aggiunta della prima comunità cristiana dopo la resurrezione.

18 I Giudei dunque risposero e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare questo?".

In senso opposto i giudei, prevenuti nei confronti di Gesù, reagiscono con diffidenza e chiedono un segno.

Essi leggono come un'azione profetica il suo gesto e perciò vogliono la conferma che egli ne abbia l'autorità.

Anche nei sinottici a Gesù è richiesto un segno a giustificazione dei suoi gesti di autorità (Mc 11,28-33; Mt 21,27; Lc 20,8) che egli non fornisce. Ricordiamo però quando riferisce Mt 12,39: "In quanto al segno non le sarà dato altro che il segno di Giona". Tutti i vangeli mostrano un legame tra il gesto compiuto nel tempio e la morte di Gesù, anche se in modi diversi.

19 Gesù rispose e disse loro: "Dissolvete questo santuario, e in tre giorni lo farò risorgere".

Qui Giovanni a mo' di risposta, mette sulla bocca di Gesù l'accusa che gli verrà mossa durante il processo (Mc 14,58; Mt 26,61; per Luca vedi Atti 6,14) e la combina con il racconto della cacciata dei venditori, dandogli un senso nuovo, con un riferimento sia alla sua resurrezione che al significato del tempio.

Ricordiamo per inciso che tutto il vangelo giovanneo si presenta come un grande processo, per cui è significativo che qui sia posta una delle accuse mosse all'imputato, Gesù.

Il testo non parla più del tempio ma del santuario (naos) uno spostamento significativo anche se piccolo, che permette a Gesù di sfruttare l'ambiguità del termine per indicare se stesso come il luogo in cui Dio dimora.

Gesù annuncia la distruzione del tempio, da intendere come conseguenza della condotta peccatrice del popolo, quindi in linea con le minacce dei profeti (per esempio Geremia) e insieme la sua ricostruzione, che avverrà attraverso una sua azione diretta. Gesù oppone al santuario che sarà distrutto uno (indicato solo con il pronome lo) che egli si dice in grado di ricostruire.

Ma qual è questo nuovo tempio? E che cosa sarà rinnovato? L'unica indicazione è il riferimento temporale in tre giorni che ha un sapore escatologico (Ag 2,6s) e dunque fa riferimento al tempio definitivo promesso dai profeti. Gesù sembra indicare se stesso come l'autore di questo tempio escatologico, facendo passare il discorso dal tempio di pietra al luogo della Presenza.

Il verbo utilizzato fa Gesù (egeiro) si adatta bene sia per la resurrezione dei corpi che per l'edificazione di un edificio, ed è differente da quello scelto dai sinottici.

Se la distruzione del tempio di Gerusalemme è segno della morte del corpo di Gesù, la sua ricostruzione mantiene il gioco simbolico ma anche lo rovescia. E' il Risorto che illumina ciò che sarà il tempio escatologico di Dio.

20 Dissero dunque i Giudei: "Questo santuario fu edificato in quarantasei anni, e tu lo farai risorgere in tre giorni?".

Questa risposta è interessante per l'enfasi posta sul tu con cui i giudei apostrofano Gesù, essi infatti hanno colto che egli si pone al centro dell'attenzione, ma non riconoscono in lui un uomo col quale c'è Dio (come dirà poco più avanti Nicodemo, Gv 3,2) e cercano di mettere in ridicolo la sua affermazione contrapponendo ai tre giorni i quarantasei anni occorsi per la ricostruzione del tempio ad opera di Erode.

I Giudei non contestano la distruzione e la ricostruzione del tempio (che chiamano anch'essi naos, sebbene si
riferiscano al hieron), ma il ruolo che Gesù sembra voler avere in quest'ultima. La domanda che si pone è: chi è Gesù? La risposta sta nel versetto successivo.

21 Ma egli diceva del santuario del suo corpo.

Questo versetto è un intervento dell'evangelista che chiarisce il senso della risposta di Gesù: il tempio vero è il corpo di Gesù. Evidentemente gli interlocutori diretti di Gesù non potevano fare questo collegamento, possibile solo dopo la sua resurrezione, infatti il seguito del brano si riferisce chiaramente al tempio di pietra.

Cosa dire della spiegazione fornita dell'evangelista? Gesù probabilmente parlava sia del tempio sia del suo corpo; come avviene spesso nel testo giovanneo le grandi figura bibliche sono usate da Gesù per indicare se stesso, segnalando il segreto collegamento tra A.T. e N. T.

Tutto ciò che il tempio simboleggiava per Israele è ora presente nella persona di Gesù stesso; egli annuncia la distruzione del tempio fatto di pietra, e simultaneamente la sua capacità di ricostruirlo in breve tempo. In questo nuovo tempio risplenderà la gloria di Dio in modo pieno. Gesù chiede quindi ai suoi interlocutori di riconoscergli il potere e la capacità di edificare il tempio escatologico e definitivo che i profeti avevano annunciato.

Naturalmente anche i discepoli non potevano cogliere il significato profondo dell'affermazione di Gesù e lo compresero dopo la sua resurrezione. La loro disponibilità però li poneva in una posizione favorevole ad accogliere anche questo nuovo elemento relativo al tempio definitivo.

22 Quando dunque fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola che disse Gesù.

Abbiamo una continuazione dell'interpretazione dell'evangelista che precisa la fede post-pasquale dei discepoli.

I discepoli si ricordarono (cfr. Gv 14,26; 16,13 il ruolo dello Spirito Paraclito): Giovanni utilizza lo stesso verbo del v. 17 in modo da attuare un parallelo tra la funzione della Scrittura e dello Spirito: entrambi illuminano e fanno comprendere gli eventi che Dio opera per il suo popolo e le opere che Gesù compie.

Dunque la parola di Gesù come la Scrittura è per i discepoli oggetto di fede. Ma qual è il contenuto della loro fede?

Nelle parole di Gesù non c'è solo l'annuncio della Pasqua, la sua risurrezione, ma anche il frutto che ne seguirà. Attraverso la resurrezione del corpo di Gesù viene rinnovato il tempio di Israele. In Gesù risorto Dio è definitivamente presente agli uomini ed essi lo sono davanti a Dio: il nuovo tempio è Gesù vivente e glorificato.

In molti passi del vangelo di Giovanni ci sono riferimenti a questa tematica (per esempio Ez 47,1-12 sul tempio e Gv 19,34s), che si collega anche ad Ap 21,22.

In un senso più ampio anche Paolo parlerà spesso del corpo dei credenti come tempio dello Spirito (cfr.1Cor 6,19) o della chiesa come edificio spirituale (1Cor 3,9; Ef 2,19-22 anche 1Pt 2,5).

23 Ora, come era a Gerusalemme per la Pasqua, per la festa, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni che faceva.

La pericope continua con alcuni versetti che costituiscono un piccolo sommario di introduzione al capitolo terzo. Esso mette in luce la fede di molti che videro i segni di Gesù a Gerusalemme. Si tratta però di una fede iniziale, basata sui segni, sul vedere, che deve ancora crescere e sarà messa alla prova, come vedremo nell'episodio di Nicodemo che segue di presso il sommario.

La fede che deriva dai segni si rivolge al taumaturgo e non ancora al Figlio di Dio, a cui punta invece il percorso del vangelo di Giovanni.

24 Ma lui, Gesù, non si affidava a loro, perché li conosceva tutti, 25 e non aveva bisogno che qualcuno testimoniasse sull'uomo, perché egli conosceva ciò che c'era nell'uomo.

L'evangelista infatti annota, per contrasto e utilizzando lo stesso verbo, che Gesù non crede (non si affida) agli uomini proprio perché egli ne ha una conoscenza profonda e vera, come quella propria di Dio

Per la meditazione

1) Confrontare il racconto di Giovanni con quello dei sinottici (Mt 21,12-17; Mc 11,15-18; Lc 19,45-48) e far emergere le sue caratteristiche.

2) Il tempio e il culto spirituale del N.T. (Gv 4,1-42; At 17,24-25; 1Cor 3,9; Ef 2,19-22; 1Pt 2,5).

3) Nel mio cammino quaresimale come si inserisce l'affermazione di Gesù sul nuovo tempio? Come vivo il mio rapporto con la chiesa, corpo del Cristo risorto?

Preghiamo

Salmo Responsoriale (dal Salmo 18)

Signore, tu hai parole di vita eterna.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.

I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.

Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.

Più preziosi dell'oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.

Colletta

Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Oppure: (orazione proprio della III domenica di Quaresima anno B)

Signore nostro Dio, santo è il tuo nome; piega i nostri cuori ai tuoi comandamenti e donaci la sapienza della croce, perché, liberati dal peccato, che ci chiude nel nostro egoismo, ci apriamo al dono dello Spirito per diventare tempio vivo del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...