Omelia (29-03-2009) |
Monastero Domenicano Matris Domini |
Commento su Giovanni 12,20-33 Lectio Contesto La pericope di questa domenica è tratta dal cap. 12 del vangelo di Giovanni che con quello precedente costituisce come un intervallo tra la prima parte del testo giovanneo, il libro dei segni (1-10), e la seconda, li libro della gloria (13-21). Mentre il cap. 11 narra la resurrezione di Lazzaro, il cap. 12 riporta diverso materiale, comune anche ai sinottici, riprendendo inoltre alcuni temi già affrontati da Giovanni. Il nostro brano segue immediatamente la narrazione dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme (12,12-19) e partendo dalla domanda di alcuni greci (20-22) offre l'annuncio l'ora della passione, morte feconda (23-26) per Gesù e per chi vuole servirlo. In fasi successive il brano presenta il significato della morte di Gesù, luogo della sua glorificazione e del Padre, verso cui tutti sono attirati e dove il maligno viene sconfitto (27-33). Il testo della seconda lettura (Eb 5,7-9) riprende il tema centrale del vangelo, il senso della morte in croce di Gesù, mentre la prima (Ger 21, 31-34) ci ricorda la promessa di Dio di una nuova alleanza, quella che si compie nella pasqua del Cristo. 20 Ora, c'erano alcuni Greci tra quelli che salivano per adorare durante la festa. Tra la folla dei pellegrini giunti a Gerusalemme per la Pasqua e che avevano accolto trionfalmente Gesù, c'erano pure dei proseliti (quelli che Atti 10,2 e13,16 chiama timorati di Dio), essi pur non facendo parte del popolo d'Israele, non erano circoncisi, tuttavia onoravano Dio secondo la religione ebraica. La presenza di questi greci indica che la salvezza universale sta per giungere. 21 Costoro dunque si avvicinarono a Filippo di Betsàida della Galilea e lo pregavano, dicendo: «Signore, vorremmo vedere Gesù». 22 Filippo viene e lo dice a Andrea; viene Andrea e Filippo e lo dicono a Gesù. Essi desiderano vedere Gesù e si rivolgono ad un discepolo dal nome greco, che probabilmente parlava la loro lingua, essendo di Betsàida. Filippo ed Andrea, presentati in coppia anche in altre occasioni (6,5-9) li guidano a Gesù. La richiesta riflette il movimento verso Cristo in cui consiste la fede e trova una risposta implicita nel v. 32 (in riferimento anche a Gv 19,37: "guarderanno a colui che hanno trafitto"). 23 Ora, Gesù rispose loro, dicendo: «È venuta l'ora affinché sia glorificato il Figlio dell'uomo. La risposta di Gesù non sembra adeguata alla domanda appena formulata, ma in realtà quanto Gesù dice circa la sua morte imminente e il frutto che essa porterà, sta alla radice della possibilità per tutti i popoli di godere della salvezza e di venire alla fede, e dunque di vedere Gesù. E' arrivata la sua ora dice Gesù, quell'ora che il testo giovanneo aveva già citato come non ancora giunta (2,4; 7,30; 8,20). Ciò significa che egli ha piena coscienza dell'imminenza della sua tragica morte, ma anche che essa coincide con la sua glorificazione. Questo versetto è come il titolo dell'intero brano e indica il suo contenuto: Gesù, il Figlio dell'uomo, parla del mistero di quest'ora: la sua glorificazione attraverso la morte. Il testo è costruito in forma di chiasmo: i termini terra (vv. 24 e 32), questo mondo (vv. 25 e 31) onorare (vv. 26 e 28), sono ripresi in coppia nelle due parti del brano al cui centro sta l'adesso dell'ora (v. 27 ripreso al v. 31b). (X. Léon-Doufur). L'episodio narrato da Giovanni ha diversi elementi comuni con i sinottici, anche se combinati in modo molto personale dal quarto evangelista con lo scopo di indicare il significato profondo della morte di Gesù e la portata salvifica di questo evento. Siamo di fronte ancora una volta ad un approfondimento teologico dell'evangelista e non semplicemente al racconto di un fatto di cronaca. 24 In verità, in verità vi dico: se il granello di frumento, cadendo a terra, non muore, esso resta solo; ma se muore, porta molto frutto. Introdotta dalla formula solenne amen, amen, vi dico, l'immagine del granello che deve morire per dare frutto sottolinea la fecondità e la necessità della sua morte imminente (vedi v. 31), scostandosi così dalle analoghe parabole sinottiche volte più a mostrare la forza della regno di Dio (cfr. Mt 13,3ss; Mc 4,26-29). Il riferimento al grano richiama anche alcuni passi del discorso sul pane di vita del cap. 6 e altri testi, come quello della vite e i tralci del cap. 15. La fecondità salvifica di Gesù deriva dall'accettazione del disegno divino che ha posto la sua glorificazione in dipendenza dalla passione e morte (Panimolle). 25 Chi ama la sua vita, la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la custodirà per la vita eterna. Il v. 25 spiega ulteriormente l'idea del versetto precedente, in esso l'uso di parole diverse in greco per indicare vita è significativo: la psyché, la vita di questo mondo, è opposta alla zoè aiònios, la vita eterna. La contrapposizione è rafforzata dai verbi antitetici amare/odiare (da intendere secondo l'uso semita) e perdere/custodire (o conservare). I sinottici riportano più volte questo insegnamento (cfr. Mt 16,24s), ma nel testo di Giovanni assume un significato specifico a causa del contesto in cui è inserito. Infine ricordiamo che vita eterna per Giovanni è la comunione con Dio. 26 Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre mio lo onorerà. Come Gesù, così i suoi discepoli: continuando il discorso del v. 25, il testo (come del resto i sinottici nei brani che seguono l'annuncio della passione, cfr. Mt 16,24; Mc 8,34-35) afferma che anch'essi dovranno seguire la via della croce come il loro maestro. La sequela di Gesù implica la rinuncia anche alla vita terrena, per condividere fino in fondo la sua sorte. Saranno poi i discorsi di addio (cap. 13-17) ad approfondire il tema del servizio e della sequela di Gesù. Giovanni in questi testi della cena riprenderà pure il tema dell'essere con lui (cfr. 14,3 e 17,24, mentre in 7,34 era introdotta una negazione); il v. 26 allude anche ad una ricompensa che potrebbe essere un riferimento all'unione/comunione permanente di Gesù con il Padre, che anche i discepoli condivideranno nel futuro. 27 Adesso l'anima mia è turbata; e che dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma sono venuto per questo, per questa ora! 28a Padre, glorifica il tuo nome». Con il v. 23 il v. 27 segna il centro, tematico e di struttura del testo, riprendendo il tema dell'ora. Giovanni sembra qui anticipare la preghiera accorata di Gesù nell'orto degli ulivi e la sua piena adesione alla volontà del Padre, ma in una prospettiva diversa dai sinottici, attuando un collegamento stretto tra morte e glorificazione. Il senso della preghiera di Gesù, in cui è utilizzato il verbo salvare (sozo), più che una richiesta rivolta al Padre perché allontani la prova della passione e morte (che non sarebbe in linea con quanto affermato nel vv. 24-25), appare come la richiesta di sostenerlo nella lotta che sta per affrontare, per uscirne indenne (salvo). Il v. 28 ha un riferimento al Padre nostro (Mt 6,9) e conclude la preghiera di Gesù con un chiaro assenso alla volontà di Dio; questo versetto corrisponde al v. 26 e segna la linea ascendente verso la dimensione gloriosa, confermata dal versetto seguente. 28b Venne dunque una voce dal cielo: «L'ho glorificato e lo glorificherò di nuovo!». 29 La folla dunque, che stava là e aveva udito, diceva che era venuto un tuono; altri dicevano: «Gli ha parlato un angelo». 30 Gesù rispose e disse: «Non è venuta per me questa voce, ma per voi. In risposta alla preghiera dal cielo viene una voce che stabilisce una continuità (resa dall'espressione di nuovo) tra il passato, in cui Gesù ha reso gloria al Padre con le sue opere (tema spesso sottolineato in Giovanni, vedi 9,38; 11,4.40 come anche 5,36; 10,32) e il futuro, in cui lo glorificherà con la morte in croce, manifestazione definitiva del disegno di salvezza del Padre. Quanto la voce afferma è destinato ai presenti, o meglio ai lettori (come nell'episodio della Trasfigurazione, che secondo alcuni esegeti Giovanni inserisce qui velatamente). Come in 11,42 Gesù non ha bisogno di conferme, ma l'uomo sì: dove noi vediamo la croce, Dio dice la gloria e la glorificazione del suo nome, che ha un momento privilegiato nell'ora del Figlio. 31 Adesso c'è il giudizio di questo mondo; adesso il capo di questo mondo sarà gettato fuori. 32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». La prospettiva specifica di Giovanni è evidente se confrontiamo il v. 31 con Lc 22,53 quando Gesù, appena prima di essere arrestato, afferma: "questa è la vostra ora e il potere elle tenebre". Mentre Luca mette in luce il ruolo del maligno nella passione, il quarto vangelo è interessato a mostrare che proprio nella passione la forza del male viene definitivamente sconfitta (cfr. 3,19 in cui il giudizio/condanna, la krisis, è destinato al mondo inteso come coloro che si chiudono alla rivelazione di Gesù). Mentre il v. 31 parla della vittoria di Cristo indicando, in negativo, la sconfitta del maligno, nel v. 32, positivamente, si afferma l'elevazione/glorificazione di Gesù: la croce è l'inizio della sua risalita verso il Padre. L'evento evocato dal v. 32 sembra dare compimento a Is 52,13 e 53,12 (vedi anche 3,14 e 8,28) e ad esso, che indica l'innalzamento, corrisponde il v. 24 in cui si parlava del granello di frumento che cadeva a terra. Inoltre il verbo attirare si riferisce alla fede (vedi 6,3-4) con un ulteriore rimando ad Is 53,10 e un riferimento interno al quarto vangelo (la profezia di Caifa', 11,51s e la citazione biblica di 19,37: "guarderanno verso colui che hanno trafitto": per vedere Gesù quindi bisogna guardare il crocifisso glorificato). 33 Ora diceva questo per indicare di quale morte doveva morire Il commento finale dell'evangelista, non è una semplice esplicitazione; Giovanni si riferirà ad esso anche in 18,32: "Doveva compiersi la parola che Gesù aveva detto, significando di quale morte doveva morire". Siamo di fronte all'affermazione che la morte di Gesù, legata alla sua ora, è conforme alla volontà del Padre che lo vuole glorificare, è decisiva per la salvezza degli uomini. Ogni conoscenza del Gesù storico è imperfetta prima dell'esperienza della sua morte sulla croce. Per la meditazione 1) Confrontare i testi in cui Giovanni parla dell'innalzamento di Gesù: 3,14; 8,24; 12,32 ed evidenziare lo sviluppo del senso teologico della croce. 2) Cosa ci dice questo brano circa il modo in cui i discepoli e noi possiamo seguire/servire Gesù? Confrontare i testi dai sinottici (Mt 16,24; Mc 8,34-35, ecc.) per individuare la specificità del testo giovanneo. 3) L'atteggiamento di Gesù di fronte alla sua passione e morte cosa dicono a noi soprattutto nei frangenti in cui siamo di fronte alle prove e alla morte? Preghiamo Salmo Responsoriale ( Salmo 50) Crea in me, o Dio, un cuore puro. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non scacciarmi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. Lode e onore a te, Signore Gesù! Colletta Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Egli è Dio... Oppure: (orazione propria della V domenica di Quaresima anno B) Ascolta, o Padre, il grido del tuo Figlio che, per stabilire la nuova ed eterna alleanza, si è fatto obbediente fino alla morte di croce; fa' che nelle prove della vita partecipiamo intimamente alla sua passione redentrice, per avere la fecondità del seme che muore ed essere accolti come tua messe nel regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo... |