Omelia (18-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 18,1- 19,42 Venerdì della Passione del Signore, Dio muore. La Chiesa, tutta la Chiesa, oggi, resta attonita in silenzio e preghiera. Le chiese, spoglie, accolgono i fedeli che meditano davanti a un uomo nudo appeso ad una croce. Non è folclore ciò che ci apprestiamo a vivere, non è devozione. E' memoriale, attualizzazione di ciò che Gesù ha vissuto e vive. Non sono bastate le parole e i miracoli, non le parabole sul vero volto di Dio, non l'inaudita notizia di un Dio reso accessibile. Macché, nulla: l'uomo conserva un cuore duro, difficile da capire. Occorre un ultimo drammatico gesto, un segno inequivocabile, indiscutibile. La croce è e resta l'amore infinito che si manifesta, l'unità di misura esagerata per manifestare l'amore di Dio. Gesù uomo, splendido uomo, vero uomo, uomo compiuto e fragile si appresta a fare una volontà amara, a compiere un gesto estremo che resterà segno di contraddizione. Intuisce, Gesù, che quella croce resterà divisione? Che molti si getteranno in ginocchio, finalmente vinti ed altri – ancora e ancora – bestemmieranno? Gesù osa. Gesù accetta. Osa e accetta perché ama, osa e accetta perché crede nell'uomo incredulo. Eccolo, dunque, Dio: nudo, appeso ad una croce, grondante sangue e disperazione. Finalmente cancellato, finalmente allontanato dall'uomo che crede di sapere, che immagina di riuscire. Eccolo: Dio è nudo, svelato, consegnato, donato, vulnerabile e fragile come mai. Per amore, per dono. Venerdì, amici, al lavoro, a scuola, dove siamo, fermiamoci e guardiamo. Talmente abituati a tenere tutto in mano (anche la nostra vita di fede) sapremo sederci e guardare? Dio ora è protagonista, altro è il gioco che ora si gioca: vita e morte si affrontano, le tenebre che sfigurano l'innocenza degli uomini scatenano il loro impero. Sapremo sederci e guardare? Una croce, un crocifisso che svela – a chi ha ancora la voglia di capire – il mistero di Dio, dell'uomo, della vita. Dio muore per amore, Dio è così. |