Omelia (27-09-2009) |
Monastero Domenicano Matris Domini |
Commento su Marco 9,38-43.45.47-48 Lectio Contesto Il brano è la continuazione della pericope della domenica XXV a cui si aggancia per il riferimento ai bambini; siamo quindi ancora nel contesto di un insieme di detti, ereditati dalla tradizione e raccolti dal redattore, che costituiscono un insegnamento di Gesù ai suoi discepoli. Il legame tra loro è appunto redazionale ed è evidenziato dalle scelte diverse di Marco rispetto al testo parallelo di Matteo. La prima parte, sul tema degli estranei al gruppo dei dodici sembra dipendere anche da problemi che attraversavano la prima comunità cristiana, mentre il secondo è caratterizzato dal tema dello scandalo. 38. Giovanni gli dichiarò: «Maestro, abbiamo visto un tale scacciare demòni nel tuo nome, (uno) che non ci segue, e glielo impedivamo, perché non ci seguiva». Il problema sollevato dall'apostolo Giovanni sembra molti simile a quello che ci propone la prima lettura di questa domenica (Nm 11,25-29); è un caso unico nel vangelo il fatto che i dodici siano considerati come un gruppo chiuso. Nel testo degli Atti degli Apostoli abbiamo spesso guarigioni attuate "nel nome di Gesù" (At 3,6; 9,34; 16,18; ecc.), cosa che non avviene nei testi evangelici; la messa in campo di Giovanni appare allora come un artificio per affrontare un tema problematico. La persona che non ci segue, al centro della discussione, sembra irritare i discepoli che la percepiscono come un intruso che cerca di utilizzare in modo improprio il potere dato dalla fede: secondo loro un estraneo che ancora non crede non può operare guarigioni usando il nome di Gesù. Il tema della gelosia, già evocato nel brano A.T. in cui il giovane Giosué teme per l'autorità di Mosè, (vedi la prima lettura di questa domenica) potrebbe essere un'interpretazione valida anche in questo caso? Non è facile dirlo, forse riflette un problema che sorse nella prima comunità, dopo la resurrezione di Cristo, che si trovava stretta tra le minacce di quanti le erano ostili e la presenza di persone simpatizzanti del nuovo messaggio. La questione, secondo alcuni, è indice della fama e del prestigio che Gesù godeva tra i suoi contemporanei, anche estranei alla cerchia dei discepoli. 39. Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. 40. Perché chi non è contro di noi, è per noi. La risposta sembra sottintendere, come i vv.33-37 (della pericope domenicale precedente), un'incomprensione dei discepoli e l'intervento correttivo di Gesù. Quest'ultimo da una parte sembra riflettere la saggezza comune (vi sono dei riferimenti sia nella tradizione ebraica e romana), ma è anche espressione di una considerazione di utilità: quando non si è di fronte ad un ostilità aperta è conveniente assecondare quelle persone che esprimo simpatia verso i cristiani e trattarli con cortesia. (cfr. anche 1Cor 12,1-3 dove si fa riferimento ad un caso analogo). Il testo mette in luce lo sguardo positivo di Gesù su quanti vedono con simpatia i cristiani anche se non sono ancora credenti. I discepoli sembrano ritenere un loro privilegio l'uso del nome di Gesù e questo è un atteggiamento che va corretto. 41. Chi vi darà un bicchiere d'acqua per il motivo che siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa. Di seguito alla questione dell'estraneo che opera guarigioni l'affermazione di questo versetto sorprende un po'. Solo Marco abbina il gesto di offrire un bicchier d'acqua ad una ricompensa. Può darsi che in origine il detto fosse riferito ai bambini e in questo caso si spiega l'inserimento nel capitolo 9. (vedi i vv. precedenti). Questo versetto richiama l'attenzione sull'importanza dei servizi umili e poco appariscenti (rispetto ad un esorcismo offrire un po' d'acqua è veramente poca cosa!) i quali, se fatti con amore, indicano molto più chiaramente la fede che le opere sensazionali. Si tratta di un invito ai discepoli a saper scorgere il vero valore dei gesti compiuti con fede ed evitare il sensazionalismo. 42. E chi scandalizzerà uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui se gli fosse messa al collo una macina da somaro e fosse gettato nel mare. Dal versetto 42 si passa ad un altro tema, quello dello scandalo (skandalon) con l'evidente congiunzione di detti indipendenti, legati tra loro dallo stesso tema. Chi sono i piccoli? Probabilmente i bambini; poiché l'espressione che credono è un'aggiunta che poi ci orienta verso un altro elemento. Possiamo vedere il riferimento ai membri più deboli della comunità, che non devono essere indotti in peccato dal cattivo esempio di altri credenti, che godono di un più alto grado di stima per la loro posizione sociale od economica. L'esempio utilizzato per indicare la gravità dello scandalo è appositamente di grande impatto emotivo per sottolineare la negatività di tale atteggiamento. 43. E se la tua mano ti scandalizzerà, tagliala: è meglio che tu entri nella vita monco, che andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile, avendo le due mani. 45. E se il tuo piede ti scandalizzerà, taglialo: è meglio che tu entri nella vita zoppo, che essere gettato nella Geenna, avendo i due piedi. 47. E se il tuo occhio ti scandalizzerà, gettalo via: è meglio che tu entri con un occhio solo nel regno di Dio, che, avendo due occhi, essere gettato nella Geenna, 48. dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne. (Is 66,24). Dallo scandalo dato ad altri si passa qui a quello generato dalla propria avidità: Gesù in questo caso invita a rifiutare il desiderio cattivo con energia, come ci si libera di un membro infetto. Il testo è parallelo a Mt 5,29s che però offre un'alternativa diversa (e pare la versione originale). Si ripete per tre volte, con riferimento a tre parti diverse, ma importanti del corpo, la stessa idea. Marco cita la vita (eterna) o il regno di Dio come la meta positiva a cui dobbiamo tendere. Il testo va liberato da tre possibili equivoci: il riferimento alle parti del corpo non si riferiscono solo all'istinto sessuale; inoltre non siamo di fronte ad un invito al disprezzo del corpo. La durezza delle affermazioni vuole richiamare ad un atteggiamento risoluto contro il male. Infine l'insegnamento offerto da questi versetti non intende dare immagini dell'aldilà. Nel testo di Marco sono eliminati i vv. 44 e 46 che sono chiaramente un'aggiunta poiché riportano entrambi la citazione finale di Is 66,24. Questa citazione del profeta, riferita proprio al giudiziose finale, e l'indicazione della Geenna propongono l'interpretazione del tempo di Gesù secondo cui nella valle di Hinnon, ad est di Gerusalemme, si sarebbe svolto il giudizio finale. Tale valle nei tempi antichi era stata luogo di sacrifici umani sacrileghi (2Re 23,10) e poi adibita all'incenerimento delle immondizie di Gerusalemme; Geremia maledì questo luogo (Ger 7,32s). L'immagine del fuoco era eloquente dell'inferno e delle punizioni per quanti in vita avevano compiuto il male. L'insieme degli insegnamenti che Gesù rivolge ai suoi discepoli segue immediatamente l'annuncio della sua passione, ha quindi lo scopo di rafforzare la comunione tra i discepoli invitandoli ad un atteggiamento che non lasci spazio alla rivalità, al disprezzo, ma piuttosto apra al servizio e al sacrificio, in una lotta decisa contro il male. Per la meditazione 1) Quale atteggiamento assumo nei confronti di quanti non sono nella comunità ecclesiale, nella mia parrocchia o nel mio gruppo? 2) La mia fede si esprime in gesti semplici di servizio e disponibilità? 3) Come affronto il tema dello scandalo? Verifico se il mio modo di vivere la fede su questo aspetto? Per la preghiera Dal Salmo 18 Rit.: I precetti del Signore fanno gioire il cuore. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti. Anche il tuo servo ne è illuminato, per chi li osserva è grande il profitto. Le inavvertenze, chi le discerne? Assolvimi dai peccati nascosti. Anche dall'orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro da grave peccato. Colletta O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore. Oppure: Colletta propria della XXVI Domenica del T. O. anno B O Dio, tu non privasti mai il tuo popolo della voce dei profeti; effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele, perché ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo... |