Omelia (15-11-2009)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Marco 13,24-32

Lectio

Contesto

Il testo della XXXIII domenica del T. O. fa parte del discorso escatologico del vangelo di Marco, che è l'unico vero discorso di questo evangelista. Composto da materiali diversi e sicuramente opera redazionale, il capitolo 13 assieme a detti di Gesù presenta influssi del genere apocalittico e una rilettura degli avvenimenti che nel 70 d.C. portarono alla distruzione di Gerusalemme. Il discorso escatologico quindi si formò progressivamente e la versione di Marco è forse quella più originare. Al centro dell'attenzione abbiamo il tema del giudizio finale ad opera del Figlio dell'uomo, chiaramente identificabile con Gesù Cristo, e un forte invito alla vigilanza. Anche la collocazione del testo a ridosso del racconto della passione ha la sua importanza per comprendere correttamente il testo che Marco ci propone (cfr. 14,62).

La pericope scelta per la liturgia odierna è la parte centrale del discorso, con la menzione del ritorno del Figlio dell'uomo, ma nonostante il contesto apocalittico il tema dominante è quello della speranza e della salvezza offerta da Dio; quello che Marco di offre è un testo esortativo (parenetico), preoccupato di indicare alle comunità cristiane l'atteggiamento giusto di fronte alla parusia.

Il discorso occupa interamente il capitolo 13: dopo l'introduzione e la domanda di quattro apostoli (vv. 1-4) circa la distruzione del tempio, si apre con l'annuncio dei segni premonitori e delle persecuzioni future (vv. 5-13), a cui segue l'annuncio dell'abominazione (vv. 14-20) e dei falsi profeti (vv.21-23). A questo punto viene il testo odierno composto dall'annuncio della venuta del Figlio dell'uomo (vv. 24-27) e la parabola del fico (28-32); come conclusione i vv. 33-37 ci offrono un pressante invito alla vigilanza.

24. «Ma in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, 25. le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

L'incipit del versetto, con due indicazioni temporali contrapposte, attua un legame con la menzione dell'anticristo (in quei giorni) nel brano precedente vv. 21-23, e insieme indica la fine di un tempo (quello della tribolazione e dell'abomino del v. 14) e l'irrompere di qualcosa di nuovo, sottolineato dall'aggiunta molto probabilmente redazione del ma che apre l'annuncio dei vv. 24-27. Significativamente i verbi in questi versetti sono tutti al futuro.

I segni cosmologici indicati da Gesù sono quelli classici dell'apocalittica (cfr. Is 13,10; 34,4) per indicare il giorno del giudizio divino. In questi versetti l'orizzonte si allarga sul cosmo intero (e dunque sulla fine del mondo?), ma non è chiaro se il discorso si mantiene sul piano metaforico; queste immagini più che l'aspetto spaventoso e di condanna della fine del mondo servono ad introdurre l'avvenimento centrale indicato subito dopo.

26. E allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria.

L'apparizione del Figlio dell'uomo è l'elemento centrale del discorso e di questa breve sezione: nel testo di Marco è chiaramente identificato con Gesù Cristo (cfr. 14,62). Egli è descritto come il giudice del mondo (la presenza delle nubi, l'indicazione della grande potenza e gloria e l'aggancio a Dn 7,13, ma gli esegeti indicano il testo apocalittico di Enoch come primo riferimento, cfr. Is 19,1; Sal 18,12, Es 34,5;).

La forma impersonale del discorso e l'insistenza sul vedere fanno riferimento ancora ai testi apocalittici e inducono a pensare che il testo si rivolga agli avversari, ai peccatori, a quanti hanno rifiutato Gesù.

27. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

La visione si completa con la riunione degli eletti (che sono i membri della comunità credente); dietro questa immagine c'è l'idea della dispersione del popolo di Dio (Zc 2,10; Dn 30,4) e del giudizio come momento di salvezza universale.

E' il Figlio dell'uomo che raduna e salva: stare e vivere con Lui è la prospettiva escatologica che il vangelo di Marco condivide con gli altri testi del N. T. (cfr. 1Ts 4,17; Lc 23,43; Ap 20,4).

Il tema del giudizio appare in Marco anche in 8,38, dove non si dà per scontato che i discepoli siano tra gli eletti: bisogna prendere posizione di fronte a Gesù, il Figlio dell'uomo e in particolare al suo destino di croce.

28. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina.

Ricordiamo che il discorso di Gesù è una risposta alla domanda sul quando avverrà la distruzione del tempo (v. 4) e conseguentemente la fine del mondo.

La breve parabola del fico riprende il tema del quando; l'albero di fico nella breve primavera palestinese era indicativo per avvertire l'inizio della stagione estiva, essendo l'unico in quella regione a perdere le foglie nella stagione invernale.

29. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

Dunque quando accadranno le cose descritte fin qui (persecuzioni, l'abominio, l'apparsa dell'anticristo, segni celesti) il tempo sta per compiersi. Sembra che l'apparire dell'anticristo annunci definitivamente la fine, ma il discorso non intende definire tempi stretti, solo indicare elementi per avvertire l'avvicinarsi dell'evento finale (rivedremo questo al v. 32).

L'immagine utilizzata: è vicino, egli è alle porte, si riferisce al Figlio dell'uomo e si rifà ai testi profetici (Gl 1,15,; 2,1; Abd 1,15; Sof 1,7.14; Is 13,6), con riferimento sia alla fine sia al giudizio.

30. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga.

Questa frase presa da sola testimonia un'attesa intensa, in quanto il termine questa generazione, un'espressione spesso usata nella bibbia, va intesa come riferita ai contemporanei di Gesù; è (in Marco anche in 8,12.38; 9,1 e 9,19). Ma più che un senso cronologico questa frase ha un contenuto Cristologico, perché la salvezza si attua nella pasqua di Cristo Gesù; la chiesa primitiva ha sempre insistito sull'incertezza del momento preciso (vedi v. 32) del suo ritorno alla fine dei tempi.

Uno spostamento di accento di questo versetto potrebbe essere dovuto alla tradizione premarciana, partendo da alcune affermazioni di Gesù, riferite in un primo tempo al giorno del giudizio.

31. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Questo versetto molto probabilmente un loghion (o detto) originale di Gesù, esisteva indipendentemente dal v. 30 a cui è stato agganciato. Esso sottolinea in senso ampio il costante valore delle parole di Gesù, e non solo il riferimento al discorso escatologico o al singolo v. 30. Queste parole sono il punto di riferimento su cui si compirà anche il giudizio finale (cfr. 8,38). La cosa importante non è sapere quando sarà il momento della fine, ma aderire alla parola di Gesù in cui si fonda la nostra speranza.

32. Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».  

Questo versetto ha suscitato nel tempo molte discussioni sulla presunta ignoranza del Figlio; però esso mette in luce il rifiuto di calcolare la data della fine del mondo, o del giudizio.

Anche qui si risponde al quando, e apparentemente in modo contrario al v. 30; il giorno qui è quello del giudizio e l'ora si riferisce alla partizione delle veglie notturne (di cui si fa menzione nei vv. successivi). L'urgenza escatologica di questo versetto non può essere attribuita a Gesù e in questo senso non è preoccupante il fatto che si dica che il Figlio non la conosce. Era pacifico che solo Dio conoscesse quest'ora (cfr. Zc 14,7; Sal 17,23); inoltre se si prende sul serio l'incarnazione non fa problema che Gesù non la conoscesse, nella sua predicazione erano presenti (secondo Schnackenburg) sia la speranza di una imminente comparsa del regno di Dio sia l'incertezza del momento preciso.

Per la comunità di Marco è importante aver fiducia in Dio che resta il Signore della storia e ordina anche gli avvenimenti finali di essa. Alla domanda posta all'inizio del discorso, l'evangelista risponde combinando materiali diversi della tradizione, anche risalenti al Gesù storico. Egli afferma però che ci sono solo indizi che ci mostrano che il giorno è vicino, segni a cui bisogna fare attenzione. Pertanto è necessario essere pronti e valutare le cose nell'ottica della fine, senza lasciarsi prendere dalla paura ma appoggiandosi sulla parola di Gesù e affidandosi alla guida del Padre (cfr. la sezione finale del discorso escatologico vv. 33-37) (J. Gnilka).

Per la meditazione

1) "Le mie parole non passeranno": quale peso hanno le parole di Gesù nella mia vita di fede?

2) Rileggere il testo odierno all'interno di tutto il capitolo 13 di Marco per raccogliere tutte le suggestioni del discorso escatologico.

3) La prospettiva del giudizio finale a cosa mi fa pensare? Quali sentimenti suscita in me: curiosità, paura oppure fiducia e speranza?

Per la preghiera

Salmo Responsoriale (Salmo 15)

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Colletta

Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore...

Oppure

O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...