Omelia (21-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 28,8-15 E' risorto, amici, è risorto! Gesù è vivo, smettiamo di cercarlo tra i ricordi, smettiamo di cercarlo tra i morti del passato, egli è vivo, è qui, è raggiungibile, è accessibile e incontrabile. Questa notizia l'abbiamo celebrata dopo quaranta giorni di deserto e ora per cinquanta giorni la ripeteremo e la celebreremo! Gesù è vivo, ma i discepoli, come vedremo, fanno fatica a riconoscerlo, sono ancora tutti legati al proprio dolore. La gioia cristiana, amici, è una tristezza superata e non c'è che un modo per superare il dolore: non amarlo, non affezionarvici. Vedremo che le apparizioni di Gesù risorto seguono sempre uno schema preciso: un dolore di partenza, un incontro col Signore che però non viene riconosciuto e – infine – un segno: un gesto, una parola che spalancano il cuore e gli occhi. Oggi, lunedì dell'angelo, troviamo le donne che scappano dal sepolcro intimorite e turbate e nel loro cammino di ritorno incontrano Gesù che affida loro un compito: devono convincere i discepoli a tornare in Galilea, là lo troveranno. E così accade solo che, come veniamo a sapere da Luca, il cuore ottuso e indurito degli apostoli stenterà a dar retta a queste donne. In Galilea: lì, nei pressi del lago, tutti sono stati chiamati, tutto è iniziato. Ora gli apostoli sono invitati, in un certo modo, a tornare alle fonti, a riscoprire e rileggere la loro storia alla luce della resurrezione. Anche noi, tiepidi come i discepoli, siamo invitati a tornare alle sorgenti, alle origini della nostra fede, a quella esperienza rigenerante e sconvolgente che – per prima – ci ha fatto incontrare il Maestro come Signore della nostra vita. Buon cammino di pasqua amici, lasciamoci incontrare dal Risorto, non opponiamo incredulità alla sua luce! Tu sei vivo in mezzo a noi, Signore, e ci aspetti in Galilea, alle origini della nostra fede. A te onore e gloria, Signore Gesù vivente nei secoli! |