Omelia (28-04-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 3,1-8 Gesù è risorto, ma la nostra fatica nel credergli è tanta, le nostre resistenze, come quelle degli apostoli, dure da scalfire. Siamo onesti: credere è impegnativo, abbandonare la croce non sempre facile. Sembra paradossale, eppure rischiamo di restare legati al dolore, di non riuscire a superarlo, come gli apostoli. Non c'è che un modo per superare il dolore: non amarlo, lasciarlo perdere. Così la figura di Nicodemo ci accompagna oggi: questo fariseo alla ricerca, che Giovanni contrappone al Battista, è il simbolo di colui che crede ma non vuole perdere la faccia, le proprie posizioni sociali. Di notte cerca Gesù, timoroso di essere scoperto. E Gesù lo sprona: bisogna rinascere, amico Nicodemo. Rinascere, cioè cambiare, convertirsi, abbandonare il passato e le sue seduzioni (e povertà). Finché restiamo legati alle nostre paure, alle nostre fragilità, alle posizioni acquisite, non riusciremo mai a capire la posizione del nuovo, ciò che il Signore mi chiede qui e oggi. Bisogna rinascere per vedere il regno di Dio. Dio c'è, abita le mie giornate, è presente nella mia vita. E' il mio sguardo ad essere povero, è il mio "dentro" ad essere ancora troppo pesante. Dio c'è, risorto e glorioso, a me di riconoscerlo e celebrarlo. E questo avviene sempre, anche quando si è vecchi o stanchi. Che il Nicodemo che c'è dentro di noi sappia rinascere, ardisca di cambiare, si converta, infine. Nel Battesimo siamo rinati dall'alto e in questi giorni facciamo memoria dello straordinario dono del Battesimo. Illumina i nostri cuori, Signore, lo Spirito soffi abbondantemente e converta i nostri cuori! |