Omelia (02-11-2003) |
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Il Giorno della Speranza INTRODUZIONE La solenne commemorazione odierna è un momento propizio per riflettere sul senso ultimo della nostra esistenza, e su come siamo in grado di gestire il tesoro della vita che il Signore ci ha affidato. E' il giorno in cui l'uomo scopre tutta la sua fragilità e tutta la sua debolezza, il suo essere peccatore che lo distacca da Dio e lo fa sentire "piccolo", ma insieme a tutto questo viene a conoscenza di una altrettanta grande verità: che non è abbandonato a se stesso ma come uomo è chiamato ad alzare lo sguardo verso l'alto ed a vivere come "essere redento". E' l'occasione buona per rendersi conto che siamo figli di Dio, di un Dio che ha dato la sua vita come pegno di salvezza. LA PAROLA La liturgia odierna viene in soccorso alle nostre difficoltà spirituali offrendoci delle immagini eloquenti che ci aiutano ad individuare l'attualità di questa commemorazione. - "Giobbe" è l'uomo oppresso dalla sofferenza, dalla moglie, dagli amici e da tutta una situazione che precipita sempre più attorno a Lui. Nonostante tutto in questo contesto di angoscia e tribolazione ha la certezza che Dio è il suo "difensore". Lo difende in quanto è legato a Lui (Giobbe) con vincoli di amore. Per cui Giobbe nel suo tormento diventa un profeta: Dio porterà la salvezza. Questa certezza gli fa pronunciare le parole molto profonde: "Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero" (V. 27). Questa fede di Giobbe è per il cristiano di oggi l'elemento distintivo: che se non si perde l'amore, niente è perduto, e che Cristo risorge in ogni uomo che soffre e che ama. La figura di Giobbe diventa un invito a prendere la vita sul serio e ad amare giorno per giorno come il Signore ci ha insegnato. - Il "Dio della Montagna" descritto dal profeta Isaia, in questa che è la "Grande Apocalisse", opera una trasformazione totale, la sua liberazione e salvezza è rivolta soprattutto ai poveri, agli emarginati, agli oppressi, ai disagiati e ai tribolati di qualsiasi genere. Queste categorie di persone vanno incontro a Salvatore perché lo vedono come l'unica ancora di salvezza. Tutti insieme sono gli uomini della speranza. Insieme a loro anche noi cerchiamo di sentirci "poveri" per poter accettare l'invito personale del Signore che viene, avvertiamo sempre la fame del Signore per arrivare a sederci alla sua mensa, in questo modo riscopriremo la familiarità di Dio, la fraternità e la gioia di trovarsi insieme a condividere lo stesso cammino e l'identico ideale di vita. Non sottraiamoci alla novità di Dio. - Le "Anime dei Giusti". L'autore del libro della sapienza presenta lo stato futuro di coloro che sono passati da questa all'altra vita. Nella descrizione si sottolinea come non esiste la morte o la sciagura, che le sofferenze di questa vita sono una lettera di presentazione per il momento che umanamente non trova spiegazioni. L'autore, allora, si diletta nel dire che la vita continua, che si è sotto la protezione di Dio, che si trionferà e si condividerà con Dio il potere di governare i popoli. Troviamo in questa pagina del libro della sapienza un'immagine molto forte della Paternità/Maternità di Dio. Il futuro dell'uomo è tra le braccia di Dio. Allora riflettiamo e pensiamo che il momento della morte può essere paragonato alla partenza di un uomo che lascia la sua abitazione terrena per essere accolto in un'altra il cui Padrone è Dio. Riempiamo quotidianamente di opere buone il nostro "bagaglio" e teniamoci sempre pronti come dei buoni "eredi". Buona Domenica!!! |