Omelia (03-06-2011)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Giovanni 16,20

La vostra tristezza si cambierà in gioia.
Gv 16,20


Come vivere questa Parola?

Gesù sta parlando della morte che lo separerà temporaneamente dai suoi amici, immergendoli nella tristezza. È l'ora della prova che si avvicina minacciosa, ma sarà come quella notte sul mare di Galilea, quando le onde sembravano voler travolgere l'imbarcazione degli apostoli e impedire l'approdo. Notte di dubbio, di lotta, di tristezza, in cui avevano sperimentato l'assenza di Gesù e l'impotenza umana.

Notti che attraversano l'esistenza di ogni uomo. Notti che si vorrebbero evitare, ma che si rivelano poi provvidenziali. Il seme non può sprigionare la sua carica vitale se prima non accetta di essere imprigionato nel grembo buio della terra e là sperimentare una morte apparente. L'uomo non partorisce se stesso, che nella sofferenza della lotta. Non è così per il bambino che solo se sollecitato ad abbandonare l'ambiente ovattato dell'infanzia per misurarsi con le inevitabili lotte della vita diviene uomo capace di porsi dei traguardi e di provare l'ebbrezza delle vette?

La gioia non è un frutto spontaneo e neppure l'appagamento ottenuto a buon mercato di ogni futile desiderio. La gioia tocca l'essere in profondità e si sprigiona solo là dove la vita è libera di esplodere in pienezza.

Con il suo passaggio dalla morte alla vita, Gesù ce ne ha offerto la possibilità, ma è necessario seguirlo nel suo inabissarsi nell'amarezza della prova per poter gustare la gioia della vita nuova.

Proverò, quest'oggi, a sostituirmi agli apostoli che ascoltano sgomenti e smarriti le parole di Gesù. Lascerò che il confortevole annuncio della gioia scenda sui miei timori, infondendomi coraggio.

Signore Gesù, tu sei venuto perché la nostra gioia fosse senza ombra e imperitura, aiutami a non lasciarmi abbattere dalla fatica che necessariamente accompagna ogni autentica conquista.

La voce di un Papa

Non ho mai trovato un motivo vero per essere triste.
Beato Giovanni XXIII