Omelia (10-05-2011)
Monaci Benedettini Silvestrini
Il pane del cielo, quello vero…

I Giudei, seguono la loro logica, fondata più sulla ricerca di sicurezze che non sulla fiducia e la disponibilità sincera e aperta al dialogo. Cercano da Gesù la garanzia che non li esponga troppo al rischio; non sono disposti a lasciarsi illuminare, a confrontare le loro categorie, sperimentate e sicure, per un'affermazione personale, al fine di abbracciare la dimensione gratuita e liberante del dono di sé nella fede in Cristo. Chiedono un segno, ma il Signore li spinge ad entrare in una logica diversa, che trascende ed eleva la nostra capacità umana di comprensione. È la dimensione del mistero della fede che raggiunge il suo apice nell'Eucaristia, cioè nella donazione totale e oblativa di Cristo che nel suo sacrificio diventa per noi cibo di salvezza e di vita. È solo Lui il nostro vero nutrimento, il centro vitale della nostra vita, la nostra gioia e la nostra felicità. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). Più ci addentriamo nel suo mistero, più siamo coinvolti nella sua corrente di amore per l'umanità, più sentiamo l'esigenza di nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue perché in noi germogli sempre più la vita nuova, quella della grazia. La celebrazione dei sacramenti, e specialmente quello dell'Eucaristia ci unisce intimamente a Cristo in modo da sperimentare in Lui l'Amore personalissimo che si dona a noi e che desidera trasformarci in Sé. Comprendiamo allora che il credere non può fondarsi su opere miracolose o strabilianti che il Signore può comunque compiere, ma sulla scoperta di una Persona che ci ama intensamente e ha dato la sua stessa vita per noi, perché siamo salvi e felici per sempre insieme a Lui.