Omelia (06-01-2010)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Matteo 2,1-12

Lectio

Contesto

Il capitolo secondo del vangelo di Matteo è composta da quattro episodi che formano un'unità: la visita dei magi è il primo di essi, seguito dalla strage dei bimbi di Betlemme e dalla conseguente fuga in Egitto di Giuseppe con Maria e Gesù; il quarto episodio è il loro ritorno a Nazareth alla morte di Erode.

Si tratta di una piccola raccolta di testi biblici, come molti rimandi all'A.T., un racconto di tipo midrashico, che riporta la catechesi primitiva della chiesa circa la chiamata alla fede dei popoli pagani, in cui si mescolano storia, poesia, teologia, apologetica e polemica.

La solennità dell'Epifania chiude il ciclo della celebrazione natalizia, ponendosi nella data in cui la Chiesa Ortodossa celebra il Natale; la domenica del battesimo di Gesù infatti apre il nuovo ciclo delle domenica per annum, anche se liturgicamente è il termine del tempo di Natale. La liturgia della Parola (Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12) orienta a comprendere questa celebrazione come la manifestazione (epifania appunto) di Gesù Messia a tutti i popoli.

1. Ora, essendo nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme

I magi sono personaggi misteriosi, forse studiosi di astrologia o una casta sacerdotale e spesso nell'antichità funzionari reali; in Dn 2,4 sono chiamati caldei. Erodoto li ricorda come interpreti dei sogni. Vengono dall'Oriente indicazione anch'essa piuttosto vaga, che potrebbe indicare la Persia o la Mesopotamia oppure l'Arabia, il deserto siriano.

L'arrivo a Gerusalemme di persone di alto rango da regni o nazioni pagane è attestato anche altrove: ricordiamo la regina di Saba al tempo di Salomone (1Re 10,1-13), la regina Adiabene nel 44 d.C..

Il re citato da Matteo è invece Erode il Grande che regnò dal 37 al 4 a.C. sulla Palestina, rimasto famoso per la sua crudeltà e la sua abilità politica. Ricordiamo che il monaco Dionigi il Piccolo (morto nel 525) nel calcolare la nascita di Gesù Cristo si sbagliò indicando l'anno 754 dalla fondazione di Roma come anno di tale evento. La nascita di Gesù perciò è da situare tra il 7 e il 5 a. C..

2. e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».

La stella di cui parlano i magi ha soprattutto un significato simbolico (vedi la profezia di Balaam in Nm 24,17): la luce che ne promana è un elemento spesso associato alla nascita di personaggi famosi sia nella cultura profana che nell'A.T. (racconti della tradizione rabbinica circa Mosé). La luce è un segno utilizzato anche da Luca per parlare di Gesù Messia (vedi Lc 1,78).

Un segno celeste indica ovviamente la nascita di una persona importante, e quindi essi chiedono del re che è nato. Ma, come osserva Paolo in Rm 1,19s, la ricerca dell'uomo se può cogliere nella natura i segni di Dio e della sua azione, non può averne una piena conoscenza, per questa è necessaria la Scrittura. I magi si dimostrano aperti all'ispirazione divina e si muovono, chiedono, cercano con perseveranza, a differenza di coloro che pur avendo tra le mani i testi sacri, non si spostano dalla città.

Il verbo proskynéin utilizzato dall'evangelista significa adorare, prostrarsi, rendere omaggio; dalle parole utilizzate pare che i magi indirizzino un omaggio ad un re terreno, ma Matteo rileggendo Cristologicamente l'episodio, ne modifica il senso orientando il gesto verso la divinità di Cristo. Nel compilare il suo racconto l'evangelista può essersi ispirato al viaggio della regina di Saba, che abbiamo citato prima, o a quello del re di Armenia Tiridate che si recò a Roma nel 66 d. C. e rese omaggio a Nerone come a un Dio.

3. All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo.

Una notizia del genere, con un possibile rivale che rivendica il trono del regno, non poteva che preoccupare Erode e la classe dirigente, nonché il popolo su cui si riversava la crudeltà del re. Matteo anticipa il tema dell'ostilità che il sinedrio mostrerà verso Gesù (cfr. 21,10; 26, 3.57) e anche il capo d'accusa, la rivendicazione del regno (23,37).

Ricordiamo che gli scribi erano gli specialisti, per professione conoscevano la Scrittura e la esponevano al popolo: ad essi Erode si rivolge per rispondere ai magi.

5. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6. "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"».(Mic 5,1)

Naturalmente le Scritture avevano preannunciato il luogo della nascita del Messia: ed ecco la citazione di Mic 5,1, che l'evangelista però adatta. Betlemme non è più da considerare come la più piccola città di Giuda (come dice il testo di Michea) perché è la patria del Messia.

7. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8. e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».

Il comportamento di Erode è freddo e calcolatore: si informa con esattezza, per eventuali azioni preventive o punitive (come registra il v. 16, strage dei bimbi di Betlemme) e in segreto. Sebbene inviti gli stranieri a recarsi alla località indicata dalle Scritture né lui né alcuno della sua corte o di Gerusalemme si muove.

Di nuovo sono i magi i veri cercatori di Dio: solo i pagani in questa pagina seguono le indicazioni divine, espresse nella natura e nel testo sacro; potrebbe essere interessante confrontare questa pagina con il testo di Luca circa l'annuncio ai pastori (cfr. Lc 2,8-20, in particolare il v. 15).

9. Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima.

Il movimento della stella è sorprendete poiché si muove da nord a sud (trovandosi Betlemme a pochi chilometri da Gerusalemme verso sud), come pure la sua riapparizione; è chiaramente un segno divino che produce una grandissima gioia. Il testo usa un'espressione molto forte per indicare la letizia sperimentata dai magi per sottolineare il compimento della loro ricerca e insieme la certezza della vicinanza di Dio a chi persevera nella ricerca della fede. Questo segno misterioso indica infatti con precisione il luogo dove si trova il bambino.

Tra l'altro il v. 10 è l'unica nota di gioia in tutto il vangelo dell'infanzia di Matteo (anche in questo molto diverso dal clima del testo lucano).

11. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. (Is 60,6)

L'evangelista parla di una casa, volendo sottolineare la dignità del nuovo nato, a differenza di Luca che invece sottolinea la sua povertà (Lc 2,7); entrambi però indicano anche la presenza di Maria, la madre del Messia. Matteo cita il binomio il bambino e sua madre per ben cinque volte nei primi due capitoli del suo vangelo (cfr. 2,11.13.14.20.21), con una formula che sembra pensata per indicare il valore dei personaggi coinvolti nell'opera della salvezza.

I magi poi compiono i gesti usuali nell'antico oriente per una visita ufficiale ad un re ed offrono doni. Il testo si ispira chiaramente a Is 60,6, e al Sal 71,10s (proposti come prima lettura e relativo salmo dalla liturgia odierna), mentre gli oggetti offerti sono quelli più apprezzati in Oriente. Il gesto di omaggio dei magi sottolinea la dignità del bambino, il riconoscimento che gli viene offerto dai popoli pagani e insieme il destino universale della sua missione.

Sarà la tradizione successiva, dal VI secolo e con i Padri della Chiesa, ad attribuire ai magi, sulla scorta anche dei testi biblici, il titolo di re (a fissarne il numero fu Origene nel III sec.), e ad identificare il significato simbolico dei tre doni: l'oro per la regalità, l'incenso per la divinità (e il ruolo sacerdotale) e la mirra per l'umanità sofferente.

12. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

Anche per i magi il sogno è il mezzo scelto da Dio per guidare coloro che cercano con cuore sincero la sua volontà; dunque per un'altra strada tornarono nella loro patria. Questa indicazione è anche un invito che l'evangelista offre ai suoi lettori, anch'essi alla ricerca di Dio. Dopo l'incontro con il Messia le vie da percorrere devono mutare e per un'altra strada, in un modo nuovo, il credente deve percorrere le vie del vivere.

La visita dei magi simboleggia per Matteo l'adesione dei popoli pagani alla manifestazione di Gesù Messia (cfr. la seconda lettura Ef 3,2-3.5-6); essa è il primo atto di un dramma che poi si sviluppa nelle tre scene successive del capitolo secondo, scandite da tre citazioni bibliche che ne danno il commento teologico e completano la presentazione del Cristo Signore.

Meditiamo

1) Cosa suggerisce alla mia vita di fede la ricerca dei magi, in particolare i vari atteggiamenti che il testo di Matteo presenta?

2) Confrontare il testo con il racconto di Luca relativo all'adorazione dei pastori: quali gli elementi comuni? Quali le differenze?

3) La luce della stella e la gioia sono elementi distintivi di questa festa; so riconoscere i segni di luce e di gioia che Dio mette sul mio cammino? Proviamo a farne memoria.

Preghiamo

Salmo Responsoriale (dal Salmo 71)

Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E domini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.

Colletta

O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.