Omelia (17-01-2010)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giovanni 2,1-11

Lectio

Contesto

Il vangelo per questa seconda domenica del tempo ordinario ci presenta le nozze di Cana, la terza manifestazione di Gesù che l'antifona della solennità dell'Epifania affiancava alla manifestazione ai magi e l'episodio del battesimo di Gesù al Giordano come ulteriori momenti di svelamento della gloria del Cristo.

Dopo aver meditato il testo del battesimo (nella versione di san Luca) ora ci viene proposto il noto episodio dell'acqua cambiata in vino, narrato da san Giovanni. I tre eventi hanno un legame stretto sottolineato appunto dalla liturgia e che ci aiuta anche a cogliere appieno il valore del vangelo di questa domenica.

Nel contesto immediato del racconto giovanneo esso poi si situa nel giorno conclusivo della settimana inaugurale narrata dall'evangelista subito dopo il prologo (vedi 1,19-2,12); con l'indicazione del terzo giorno e dell'ora di Gesù infine la pericope ci prospetta l'evento finale della missione di Gesù, la sua pasqua di morte e resurrezione, che è poi la sua massima manifestazione.

Gli altri testi biblici proposti dalla liturgia (Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11), in particolare quello anticotestamentario, sottolineano la volontà salvifica di Dio.

1 (Il terzo giorno) vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. 2 Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Il racconto del segno di Cana inizia con una indicazione temporale: il terzo giorno, tale conteggio si ricollega a quanto narrato immediatamente prima, ossia la chiamata dei discepoli Filippo e Natanaele (vedi 1,43-51); con le nozze di Cana si conclude la settimana inaugurale dell'attività di Gesù nel testo di Giovanni, un'eco intenzionale della settimana della creazione (cfr. Gn 1).

L'indicazione il terzo giorno però è così tipica nella tradizione cristiana, che ci rimanda alla Pasqua di Gesù e questa idea è rafforzata dalla citazione successiva (al v. 15) dell'ora di Gesù. Siamo quindi spinti a leggere il testo con un'attenzione particolare e a considerare anche il significato simbolico oltre che quello immediato dell'episodio, in ordine alla comprensione dell'identità e della missione di Gesù (vedi anche il brano seguente in particolare 2,19).

Cana di Galilea è un piccolo paese poco distante da Nazaret, citato solo dal quarto evangelista; esso è il luogo di provenienza di Natanaele (Gv 21,2). Inoltre è il luogo dei primi due segni proposti da Giovanni che racchiudono in un'inclusione la prima manifestazione di Gesù (cfr. 2,1.11 e 4, 46ss). Qui ha luogo una festa di nozze a cui partecipa Gesù, la madre di lui e i suoi discepoli.

L'evangelista cita Maria, senza chiamarla mai per nome, solo in questo testo e poi sotto la croce (cfr. 19, 25ss); oltre che al v. 13 essa ricompare nel versetto successivo e poi al versetto 12 (insieme alla menzione dei discepoli) che chiude il racconto, versetto che non è incluso nella pericope odierna. Il testo è così compreso tra le due citazioni della madre e dei discepoli (vv. 1-2 e 12) come pure del luogo in cui si svolge l'azione, Cana (vv. 1 e 11).

Questa costruzione accurata indica un intervento specifico del redattore e l'intenzione di racchiudere il testo in una cornice per mettere in evidenza l'elemento centrale (che vedremo nei vv. 9-10).

3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

Dopo l'introduzione Giovanni passa alla narrazione vera e propria: la madre di Gesù si avvede che sta per mancare il vino e lo fa presente al figlio; nella sua affermazione cogliamo l'attenzione per le persone degli sposi, che stanno per fare una brutta figura.

Come interpretare l'intervento di Maria: sta chiedendo un miracolo? Probabilmente no, ella si affida solo con fiducia a suo figlio, come le sorelle di Lazzaro (vedi 11,3), un atteggiamento di fede che è indirettamente proposto anche ai lettori.

4 E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».

La risposta di Gesù è sorprendente per molti motivi: in primo luogo egli chiama donna sua madre (come dalla croce, vedi 19,25ss) ed usa un'espressione che riprendendo un modo di dire semita indica una distanza e/o una divergenza tra gli interlocutori. Infine Gesù afferma che la sua ora non è ancora giunta. Cosa significa questa risposta?

Da una parte mette in luce una certa indipendenza di Gesù dai legami familiari (attestata anche dai sinottici cfr. Mc 3,31s; Mt 12,46ss; Lc 8,19ss) e insieme un'identificazione di Maria con la comunità di Israele, personificata spesso nell'A.T. con una donna (in particolare cfr. Es 19,8; 23,3.7 dove il popolo nella sua professione di fede usa le stesse parole di Maria al v. 16).

L'indicazione dell'ora (che nel testo greco può essere intesa anche come una domanda) suggerisce che, in un certo modo, il segno di Cana anticipa l'ora di Gesù, ossia la manifestazione della sua gloria (per il quarto vangelo ricordiamolo la crocifissione è la glorificazione del Cristo).

5 Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Quanto Maria dice ai servi riprende alcuni testi dell'Esodo (Es 19,8; 23,3.7) che indicano l'obbedienza di Israele alla legge di Dio. Ella quindi rappresenta il nuovo Israele che collabora con l'opera della redenzione attuata del Messia, dicendo ai servi di operare in obbedienza ai comandi del suo figlio.

Qual è il ruolo di Maria in questo testo? Essa compare potremmo dire come mediatrice della rivelazione di Gesù e della fede dei discepoli, mostrandosi per prima piena di fiducia nei confronti del figlio e invitando i servi a fare tutto ciò che egli dirà loro. Il fatto che Giovanni parli di Maria solo qui e nell'episodio della crocifissione rafforza l'idea che Maria è il modello del credente e insieme qualcosa di più, un'attiva collaboratrice della salvezza operata da Gesù.

6 Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7 E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo.

Le anfore di pietra per la purificazione sono un ulteriore elemento che richiama il superamento dell'antico patto (quello con Israele e che prevede i riti di purificazione solo esteriore) attraverso la nuova economia del vangelo che Gesù porta, indicata dal vino nuovo.

Questa idea si rafforza se confrontiamo il v. 17 con 4,6 dove si parla del pozzo di Giacobbe; qui come nell'episodio della samaritana l'antica rivelazione è superata da quella definitiva offerta da Gesù. Anche il numero della anfore indica incompiutezza, il sei è il numero dell'imperfezione.

L'antica legge sta per essere sostituita da quella nuova, perfetta e definitiva, quella del vangelo di Gesù Cristo, che troverà il suo sigillo definitivo nell'ora della croce e della resurrezione.

Sorprende la quantità sovrabbondante di acqua (che poi si trasforma in vino): circa 600 litri, segno della grandissima abbondanza del dono di grazia offertoci dal Cristo.

8 Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9 Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua -

Giungiamo così al centro del racconto: con l'ordine di attingere Gesù opera il miracolo. La persona incaricata di dirigere il banchetto assaggia il vino (il v. 9 dice esplicitamente che l'acqua si è mutata in vino) senza sapere nulla della sua provenienza. L'evangelista si premura di ricordare che però lo sapevano i servi che avevano preso l'acqua: i servi, come i discepoli sono i destinatari del segno; con loro anche i lettori del vangelo.

Il testo insiste sull'origine misteriosa del vino, come l'acqua che Gesù vuol donare alla samaritana (4,11) e il pane che moltiplicherà (6,5); doni misteriosi che simboleggiano tutti la persona e l'opera di Gesù stesso. Il segno di Cana si avvicina in particolare alla moltiplicazione dei pani (episodio riportato da tutti i vangeli) ed è indirettamente una prova della sua storicità.

9b chiamò lo sposo 10 e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Ed ecco entrare in scena la figura dello sposo: sorprendentemente anche se siamo ad una festa di nozze, la coppia degli sposi non appare mai in questo racconto e quando si parla dello sposo, è evidente che ci si riferisce a Gesù, poiché è lui che ha procurato il vino e quindi a lui si rivolgono le parole del v. 10. Del resto egli spesso nel N. T. è chiamato lo sposo (Mc 2,19s; Mt 9,15; Lc 5,34s; Ap 19,7.9). Abbiamo qui uno dei casi di equivocità studiata o di duplicità di significato propri del quarto evangelista (cfr. 2,19ss; 3,3ss; 4,10ss; ecc.).

L'elogio ivi tessuto sulla qualità del vino e l'intenzione di serbarlo sino a quel momento, che l'inconsapevole incaricato esprime rivolgendosi allo sposo, è l'attestazione della bontà e della sovrabbondanza del dono divino che Gesù è venuto a portare, in linea con le profezie riferite ai tempi messianici. Il vino nuovo della rivelazione definitiva di Gesù sostituisce il vino della thôrah, della legge di Mosé (vedi v. 6); questo riferimento è rafforzato dal fatto che anche nel racconto dell'Esodo il dono della legge ha luogo il terzo giorno (Es19,16).

Nella bibbia spesso la sapienza, e quindi la legge sono identificate con il vino (cfr. Pro 9,1-5; Is 55,1-3); qui come pure nel testo successivo della samaritana abbiamo due esemplificazioni del passo finale del prologo di Giovanni: la legge fu donata per mezzo di Mosé, la grazie e la verità per mezzo di Gesù Cristo. (S. A. Panimolle)

11 Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Con un versetto conclusivo, in cui si nomina nuovamente Cana, Giovanni chiude il racconto dicendo esplicitamente che questo è l'inizio dei segni. Dunque non il primo segno, ma l'inizio dei segni, l'archetipo di essi, il punto di partenza della completa rivelazione che Gesù fa di se stesso attraverso i segni (R. Schnackenburg). Il significato del segno di Cana è quindi Cristologico: indica in Gesù il Messia atteso; il contesto nuziale rimanda anch'esso alla visione biblica dell'era messianica come una celebrazione nuziale (cfr. Is 54,4-8; Mt 8,11; 22,1-14; Ap 19,7.9); anche il segno del vino e la sua abbondanza ed eccellenza hanno molti riferimenti biblici (cfr. Am 9,13; Gl 2,23ss; 4,18; Os 2,23s).

I miracoli di Gesù sono segni (semeion) perché manifestano la sua gloria; Giovanni è interessato al significato dei gesti prodigiosi di Gesù, che ne manifestano la divinità più che la potenza (aspetto sottolineato in prevalenza dai sinottici, vedi Mt 11,20-23; Mc 6,2, che usano il termine dynameis, atti di potenza).

Qui l'evangelista parla per la prima volta della fede dei discepoli in Gesù, è il primo passo di un percorso che Giovanni descrive in diverse tappe (cfr. 6,69; 11,15; 13,19; 14,29; 16,27; 17,8). La fede dei discepoli, come dei cristiani di tutti i tempi, deve crescere ed approfondirsi sino alla sua pienezza.

Meditiamo

1) L'abbondanza e la qualità del vino di Cana sottolineano lo smisurato amore di Dio nell'opera della salvezza e la gioia che ne scaturisce: come vivo tutto questo?

2) L'invito di Maria ai servi è anche per la nostra vita di fede un'indicazione preziosa: nutrire una grande fiducia nella potenza di Gesù e seguire con prontezza quanto egli ci indica. In quali situazioni vivo questi atteggiamenti? Quali sono le difficoltà che incontro e come superarle?

3) Come facciamo crescere la nostra fede? Quali sono i segni o gli eventi che la nutrono?

Preghiamo

Salmo Responsoriale (dal Salmo 95)

Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore.
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Oppure:
O Dio, che nell'ora della croce hai chiamato l'umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa' che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformare del suo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.