Omelia (14-02-2010)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Luca 6,17.20-26

Lectio

Contesto

Dopo la chiamata dei primi discepoli (Lc 5,1-11), proposta la domenica scorsa, la liturgia ci propone nella VI domenica del Tempo ordinario l'inizio di un lungo discorso di Gesù (Lc 6,20-47; cfr. Mt 5-7), omettendo una serie di episodi che Luca ha in comune con gli altri sinottici.

Prima della nostra pericope infatti sono situate alcune guarigioni (5,12-14 e 6,6-11), la preghiera di Gesù (6,15-16), la chiamata di Levi (6,27-28) e una serie di controversie con scribi e farisei (5,17-6,5); infine la scelta dei Dodici (6,12-16). Il brano odierno è parallelo a Mt 5,1-12 (che abbiamo meditato nella festa di Tutti i santi lo scorso 1 novembre), ma ha delle caratteristiche specifiche, riferite sia al piano teologico del vangelo di Luca, sia alla situazione della comunità a cui egli indirizza il suo scritto.

Partendo dalla stessa fonte i due autori ci offrono testi differenti perché gli evangelisti infatti non sono semplici cronisti, interessati solo a trasmettere fatti e parole, ma testimoni. Le parole di Gesù sono un fermento di vita: la Chiesa primitiva le trasmette soltanto avvolte nella sua propria vita (J. Dupont).

Ricordiamo che le beatitudini sono un genere letterario già presente nell'A.T., in particolare nei testi sapienziali, con caratteristiche evidenti nei salmi (cfr. Sal 34,7ss; 111); anche la prima lettura proposta questa domenica del profeta Geremia (Ger 17,5-8) offre una beatitudine. Il testo evangelico si ricollega però al genere escatologico delle beatitudini che appare nella versione greca dei LXX (Is 31,9; Tb 13,14ss) e nella letteratura apocalittica del giudaismo, anche se la prospettiva cambia in modo profondo.

La pericope lucana è chiaramente divisa in due parte, introdotte dal v. 17: quattro beatitudini e quattro guai; in entrambi i blocchi il quarto membro è più recente e riflette la situazione delle prime comunità cristiane.

La lettura del seguito del discorso (Lc 6,27-49) verrà quest'anno interrotta dall'inizio del tempo quaresimale, con il mercoledì delle ceneri il prossimo 17 febbraio.

Il percorso delle domeniche però quest'anno ci offrirà sempre un testo lucano (I Domenica: Luca 4,1-13, Le tentazioni nel deserto;II Domenica: Luca 9,28-36, La trasfigurazione; III Domenica: Luca 13,1-9, La parabola del fico; IV Domenica: Luca 15, 1-3.11-32, Il padre misericordioso; V Domenica: Luca 8,1-11, Il perdono dell'adultera; Domenica delle Palme: Ingresso a Gerusalemme, Luca 19,28-40, e Il racconto della passione, Luca 22,14-23.56).

17. Gesù, disceso con loro (i Dodici), si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.

Il discorso di Gesù, che segue immediatamente la scelta dei Dodici, è introdotto in Luca da tre versetti (17-19): la liturgia ce ne fa leggere solo uno che presenta gli ascoltatori e il luogo. A differenza di Matteo siamo in un luogo pianeggiante, perché per Luca il monte è sempre l'ambiente della preghiera e delle scelte importanti. Oltre ai Dodici, vediamo un gran numero dei discepoli di Gesù e gran moltitudine di gente (in greco popolo, laos), una presentazione a cerchi sempre più ampi, che riflette la situazione della comunità cristiana ai tempi di Luca.

Notiamo che nel v. 18 l'evangelista ricordava che tutte le persone presenti erano venute in primo luogo per ascoltare, come in Lc 5,1 il popolo è in attesa della parola di Dio, della buona notizia. Anche in questo versetto l'evangelista semplifica le indicazioni geografiche per i suoi ascoltatori di origine greca (cfr. Mc 3,7-8).

20. Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete.

Gesù si rivolge a tutti, non solo ai suoi discepoli (anche 6,27), il discorso si presenta come un'esposizione delle esigenze centrali del Regno, che superano la logica del mondo (cfr. testo del Magnificat, Lc 1,46ss).

Le prime tre beatitudini formano chiaramente un trittico omogeneo, con la stessa struttura. Luca si rivolge ai presenti (usa la seconda persona plurale) e insiste sulla situazione attuale (ora) di povertà, fame e afflizione reale. A differenza di Matteo in cui il discorso si pone sul piano religioso ed ha un taglio sapienziale, qui il tono è profetico e si parla della mancanza di mezzi per vivere, del dolore derivante dall'indigenza.

Il testo lucano sembra per questo più vicino al tenore originale del discorso di Gesù in cui la categoria dei poveri, degli affitti degli affamati, con un evidente riferimento ad Is 61,3, sono oggetto dell'attenzione e della cura di Dio. I termini scelti da Luca indicano proprio la povertà materiale, di chi non ha mezzi per vivere e dunque è sfruttato e trattato ingiustamente, così pure la fame indica la situazione di chi non dispone del minimo vitale. Infine il pianto (contrapposto al ridere, termine molto raro nel N.T.) indica l'elemento esteriore della sofferenza per le privazioni che si sopportano.

L'arrivo di Gesù segna l'inizio del tempo della salvezza; mentre nel giudaismo sono detti beati i giusti (vedi la prima lettura Ger 17,5-8), ora i beati sono i poveri perché Dio è il loro Re, ossia ha a cuore la loro situazione e interviene a loro favore. Come aveva promesso nell'A.T. (cfr. Is 32,6s; 58,7; Sal 107,36.41; Gb 24,4.10; Tb 4,7.16) ora Egli mette in atto la sua salvezza; l'intervento di Dio non è minaccioso (prospettiva escatologica originaria), ma salvifico. I poveri sono beati perché il regno di Dio appartiene a loro, perché l'amore di Dio è con loro e apre un futuro diverso che il rende uomini nuovi.

In Luca però il termine ora indica la situazione attuale di sofferenza, di prova, in particolare dei credenti, ossia della comunità cristiana, che si cambierà in gioia nel tempo futuro (non si tratta quindi dell'oggi della salvezza che abbiamo visto in 4,21).

La vera gioia quindi è posta nella sicura comunione con Dio che i cristiani si attendono, in cui credono e sperano ora che per l'adesione a lui vivono una situazione precaria e dolorosa.

22. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo.

La quarta beatitudine è più articolata e si stacca dal blocco precedente, in essa si dice esplicitamente che la sofferenza ha luogo a causa del Figlio dell'uomo, ossia della fede in Gesù, Luca usa quattro verbi per descriverla: l'odio (spesso descritto nell'A.T. è l'atteggiamento di chi si oppone al popolo di Dio, cfr. Is 66,5; Sal 69,5), anche Lc 1,71; 21,12; il mettere al bando, ossia il separare, nel senso sociale di rompere le relazioni; l'insulto, nella Bibbia atteggiamento di chi disprezza l'uomo giusto (Is 51,7; Sal 98,51s) e nel N.T. in 1Pt 4,14: "Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo..."; e il disprezzo; senso proprio dell'espressione semita èi lanciare accuse, diffamare, che Luca adatta aggiungendo come e facendo riferimento al nome cristiano, perché in quanto cristiani i credenti sono respinti e diffamati.

Questo versetto è declinato al futuro e non riguarda tutti ma solo una categoria di persone: è la situazione dei primi credenti, ancora legati al mondo ebraico che però li osteggia per la loro adesione al messaggio di Cristo Gesù. I discepoli di Gesù condividono la condizione dei poveri, perché per essere fedeli a Lui si espongono all'insicurezza e all'emarginazione di un mondo che ragione secondo altri criteri, quelli della forza della ricchezza, ecc.

Il titolo Figlio dell'uomo presenta Gesù come giudice escatologico e anticipa il rovesciamento della situazione indicata dal versetto successivo.

23. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

L'invito alla gioia in questo versetto è intenso, Luca usa il verbo skirtan, (lo stesso di 1,41.11) esultare, letteralmente saltellare, perché il tempo della prova dà la certezza di ricevere il dono dell'amore di Dio Padre, la grande ricompensa, che è ora posta nel cielo (al singolare come fa sempre Luca), ossia dopo la morte; non si tratta quindi in questo contesto della prossimità del Regno di Dio, come nel senso primitivo che la beatitudine dei poveri sopra descritta aveva sulla bocca di Gesù.

Il riferimento alla persecuzione sofferta dai profeti è un'idea comune al tempo di Gesù e da Lui condivisa; il N.T. la riprende in diversi passi (cfr. Mc 6,4; Lc 11,47; At 7,51; 1Ts 2,15, ecc); sebbene il testo si riferisca chiaramente alla situazione della chiesa primitiva non è escluso che Gesù abbia previsto l'opposizione che avrebbero incontrato gli apostoli (e di conseguenza tutti i discepoli) e l'abbia espressa con il tema del giusto perseguitato.

24. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. 25. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.

Specifici di Luca i quattro guai sono costruiti sulla base delle precedenti beatitudini; le prime tre sono speculari ai vv. 20-21. Anche qui nel secondo e terzo guai Luca aggiunge ora.

La ricchezza è presentata come un rischio reale e pericoloso perché dà una falsa sicurezza; il ricco si sente autosufficiente e ritiene superfluo Dio, non si cura dei bisogni dei poveri, chiudendosi nell'egoismo, non pensa al suo destino eterno. Per questo i ricchi hanno già ricevuto quanto è loro dovuto (l'evangelista utilizza un termine strettamente commerciale); chiusi nella prospettiva mondana non si aspettano niente oltre la morte.

Per l'evangelista la ricchezza è un pericolo permanente per tutti; egli è preoccupato che il cuore delle persone si chiuda al dono di Dio, un dono che viene loro incontro nel vangelo di Gesù.

L'invito scritto tra le righe di questi versetti è allora quello di aprire il cuore per disposi al dono, alla condivisione e alla comunione con Dio e con i fratelli (vedi Lc 16,19-25).

26. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».

Nel guai contrapposto al v. 22 Luca ricorda solo la buona reputazione, un aspetto a cui è particolarmente sensibile; evidentemente si suppone che per guadagnarsi la lode si sia giunti a dei compromessi, ciò potrebbe comportare per i credenti un venir meno alla verità del vangelo per salvare la propria reputazione. Il testo è anch'esso costruito in modo parallelo alla quarta beatitudine.

I guai sono come uno sfondo negativo su cui emerge la luce delle beatitudini proposte e che ne rafforzano quindi il messaggio.

Oltre a quelle di questo testo in Luca esistono diverse altre beatitudini, per esempio 7,23.

Meditiamo

1) In che cosa poniamo le nostre sicurezze e la nostra gioia? Nella fedeltà di Dio o nella forza della ricchezza, del benessere del potere?

2) Sperimento la beatitudine di essere cristiano, sotto la protezione del Padre? Come reagisco alle contrarietà della vita, alle sofferenze per l'incomprensione o l'indifferenza verso la mia fede?

3) Da che parte sto: con i poveri del regno di Dio oppure con coloro che si fanno forti del proprio prestigio personale?

Preghiamo

Salmo Responsoriale (Salmo 1)

Beato l'uomo che confida nel Signore.

Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.

È come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che dà frutto a suo tempo:
le sue foglie non appassiscono
e tutto quello che fa', riesce bene.

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde;
poiché il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi va in rovina.

Colletta

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore...

Oppure:

O Dio, che respingi i superbi e doni la tua grazia agli umili, ascolta il grido dei poveri e degli oppressi che si leva a te da ogni parte della terra: spezza il giogo della violenza e dell'egoismo che ci rende estranei gli uni agli altri, e fa' che accogliendoci a vicenda come fratelli diventiamo segno dell'umanità rinnovata nel tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...