Omelia (19-05-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 14,21-26 Il tempo pasquale scorre velocemente e ci avviciniamo alla grande solennità della Pentecoste, alla riflessione sullo Spirito Santo. Accogliere il Signore Gesù significa farsi abitare da lui, diventare dimora, abitazione del Padre; e perché questa unione diventi ancora più intima e feconda, ecco che oggi il Maestro promette l'invio dello Spirito Santo chiamato Consolatore, che ha il compito di ricordare e di insegnare ogni cosa. Povero Spirito Santo, quanto viene dimenticato nella nostra fede! Difficilmente immaginabile, lo percepiamo il più delle volte come un'appendice, un'inutile aggiunta, una complicazione alla fede. Eppure è il primo dono che il Signore fa ai suoi discepoli, dono emesso direttamente dalla croce, che ha il compito di continuare e portare a compimento la sua missione. La Pasqua sfocia nella Pentecoste, tende alla Pentecoste, mira ad accogliere il dono dello Spirito che oggi viene descritto come Maestro che ci insegna la pienezza della Parola di Dio, colui che ci fa ricordare le meraviglie del Padre e – soprattutto – come Consolatore. Di quanta consolazione ha bisogno il nostro mondo! Di quanta consolazione ha bisogno ciascuno di noi per essere guarito dentro! Non ci spaventi la solitudine, né il futuro, né l'incomprensione. Quando l'abisso si affaccia alla nostra vita abbiamo chi ci tiene compagnia, chi ci parla nel profondo, colui che consola e guarisce! Vieni, o Consolatore, primo dono ai credenti, colui che può davvero riempire di ogni dolcezza e di ogni pienezza la nostra ricerca del Padre! |