Omelia (24-05-2003)
Paolo Curtaz
Commento Giovanni 15,18-21

Un semplice ammonimento, una bruciante verità: non siamo del mondo, quindi il mondo ci odia. Vero, verissimo, esperienza quotidiana di ciascuno di noi: se si accetta un cristianesimo "politicamente corretto" in cui abbondano i distinguo tra la nostra posizione e quella di una Chiesa reazionaria e retrograda, le cose vanno bene, ma se per caso intendiamo accogliere il Vangelo "sine glossa" e facciamo una esperienza di Chiesa più che positiva – e lo diciamo – ecco che le frizioni aumentano e una malcelata violenza fa salire la mosca al naso dei più tolleranti miscredenti. Il mondo contemporaneo accetta a denti stretti ciò che i cristiani compiono e fanno, sempre pronto, però, a scagliarsi contro atteggiamenti giudicati reazionari nei riguardi, ad esempio, della bioetica o della pace o della morale. Fino a quando i cristiani sono gli infermieri della Storia le cose possono essere digerite ma – per carità – nulla di più! Niente paura, amici, se siamo davvero credenti qualche persecuzione arriva: la battuta in ufficio, la presa in giro a scuola, la velata accusa di fanatismo o di bigottismo... insomma, tutto ciò che si distanzia da quello che gli altri pensano debba essere la fede cristiana, è fonte di insofferenza. Tranquilli, amici, Gesù l'aveva ampiamente previsto, non spaventiamoci ma, anzi, offriamo le nostre piccole contraddizioni quotidiane per i troppi fratelli che in giro per il mondo pagano con violenze fisiche e morte la propria appartenenza al vangelo. Il Signore stesso l'ha sperimentato: uomo mite e pieno di sapienza è stato tolto di mezzo perché con la sua vita metteva in evidenza i difetti e le incoerenze degli altri. A noi, nella semplicità, di restare fedeli alla Parola, coltivando nel nostro intimo la dolce presenza del Signore per trovare la forza e l'intelligenza di rendergli testimonianza.

Se hanno perseguitato te, Signore, perseguiteranno anche noi. Donaci fermezza e dolcezza nel renderti testimonianza!