Omelia (08-06-2011)
Monaci Benedettini Silvestrini
Perché siano una cosa sola

Dinanzi alla passione Gesù predìce ai suoi che l'avrebbero lasciato solo. Aggiunge che essi stessi si sarebbero dispersi. San Luca ci raccontava dei due discepoli di Emmaus che hanno lasciato la propria comunità di Gerusalemme e vagano verso un villaggio distante sette miglia. La Chiesa è ancora vittima di interiori lacerazioni, vecchie e nuove e nella nostra società assistiamo spaventati al sempre più frequente fenomeno delle separazioni coniugali. Quanto è urgente quindi sentire, ancora una volta, l'accorata preghiera di Gesù per l'unità della Chiesa, dei suoi ministri e discepoli di ogni epoca. L'unità nella Chiesa è il segno visibile dell'amore che ci unisce nell'unico vero Dio. È allo stesso tempo la dimostrazione dell'efficacia della redenzione che ci ha riconciliati al Padre e tra di noi. Oltre che essere illuminati dalla stessa fede e animati dall'unico Spirito, noi siamo convocati anche all'unica mensa della Parola e del pane di vita. Sarebbe scandaloso e sacrilego quindi essere causa di divisione e fonte di dissidi dopo aver goduto di tanta grazia. Dopo essere stati consacrati nella verità. L'unità vissuta in Dio diventa motivo della nostra gioia perché così noi alimentiamo la speranza nei beni futuri, così godiamo della certezza di essere amati da Dio e capaci di amarci scambievolmente. Questo è il messaggio finale, l'auspicio e l'impegno che Gesù ha lasciato alla sua Chiesa. Una grande immensa apertura che conduce al cuore stesso di Dio e nutre di linfa soprannaturale l'intera nostra umanità. Quello che Gesù chiede ed implora per noi è quanto noi, come credenti, come Chiesa dobbiamo annunciare e testimoniare per essere luce del mondo e sale della terra. Questa è la ragione per cui la liturgia ci fa ascoltare e meditare la preghiera di Gesù in prossimità della Pentecoste. Quello Spirito è la fonte dell'unità nell'amore che lui è.