Omelia (29-05-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 16,16-20 Gesù annuncia ai suoi discepoli della sua probabile morte, egli sente che le cose stanno precipitando ed ha scelto di assecondare l'evolversi degli eventi perché gli uomini credano alla serietà dell'amore di Dio. L'animo degli apostoli lontani anni luce anche solo dal capire di cosa Gesù stia parlando, si incupisce improvvisamente: dove deve andare Gesù? Gesù rassicura e rasserena i suoi, se anche vi sarà una sofferenza, e vi sarà, sarà una sofferenza limitata nel tempo, che si trasformerà in una gioia immensa. Anche a me succede così: di soffrire di una perniciosa miopia spirituale. Quando vivo periodi di sofferenza non riesco mai ad andare lontano, non riesco a sollevare lo sguardo e resto inchiodato alla mia sensazione sgradevole. Quando viviamo una situazione di sofferenza, il desiderio più pressante che abbiamo è che questa finisca. Amici, ai discepoli la sofferenza non viene evitata e non siamo preservati dal dolore. Spesso incontro persone che hanno vissuto sulla propria pelle esperienze di dolore e non se ne capacitano. La sofferenza, il più delle volte, resta senza senso e Dio, il più delle volte, resta muto di fronte alla nostra sofferenza. Non spaventiamoci, amici, ma dimoriamo fiduciosi: una gioia grande ci aspetta, una gioia nata dalla consapevolezza di essere amati dal Signore, una gioia che niente e nessuno ci potrà mai togliere. Noi facciamo fatica a capire il mistero della sofferenza e della croce, Signore. Vieni in nostro soccorso, aprici alla fiducia verso quella gioia che non ci sarà mai tolta! |