Omelia (30-05-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 16,20-23 L'immagine delle doglie del parto conclude la splendida riflessione sulla sofferenza che il Signore ha fatto ieri. Ai discepoli la sofferenza non è tolta ma trasformata, non evitata ma riempita di speranza. Riflettete: non è vero che l'uomo non sopporti la sofferenza, ciò che proprio non riusciamo ad accettare – e giustamente – è la sofferenza inutile. Capisco che se voglio fare una bella ascensione in montagna devo mettere in programma uno sforzo fisico notevole, capisco che per dare alla luce un bambino devo sopportare i dolori del travaglio. Non capisco e non accetto invece le tante, troppe sofferenze, che non portano da nessuna parte: litigi, incomprensioni, giri di testa, paranoie, muri che mi separano dagli altri. Siamo onesti: la stragrande maggioranza della sofferenza che viviamo deriva dalla nostra errata prospettiva di vita, da ciò che non riusciamo a vedere, al fatto di non accogliere la presenza del Signore. Se viviamo momenti di dolore sentiamoci come la donna che partorisce, che la nostra sofferenza dia alla luce qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. La gioia che viene dal vedere il Signore, la gioia che viene dal sentirsi amati sarà una gioia che nessuno mai ci potrà togliere. Aiutaci a vivere la sofferenza come le doglie di un parto, Signore, un parto che dia alla luce una vita nuova, una vita diversa; fa' che dimoriamo nella gioia senza fine che solo tu ci puoi dare, Dio benedetto nei secoli! |