Omelia (10-06-2003)
Paolo Curtaz
Commento Matteo 5,13-16

E' impossibile far luce se non si è accesi. Quindi la testimonianza del Vangelo nasce dall'essere accesi, dall'essere avvinti dalla presenza del Signore. E'un richiamo forte all'interiorità, alla preghiera-silenzio, alla riflessione pacata. La candela non si accorge neppure di essere accesa, eppure illumina! Quindi – dice il Rabbì – siamo chiamati ad essere sale e a mettere la luce della testimonianza in alto, nella nostra vita. Mi chiedo se la triste profezia di Gesù non si sia realizzata in questi nostri tempi confusi: forse il sale ha davvero perso il suo sapore. Dice ancora qualcosa di significativo il vangelo che ogni domenica ci vede radunati? Ci percuote come un pugno, scuote le nostre coscienze, dà forma alla nostra settimana? Spero di cuore sia così! Ma il dramma del nostro tempo, in occidente, è proprio quello di un cristianesimo senza Cristo, di una religione senza fede, di un culto senza celebrazione. Siamo diventati luce sotto lo sgabello, timorosi di essere trasparenza di Dio, attenti a proporci con un cristianesimo "politicamente corretto" con tutti i distinguo e le precisazioni. Ci vergogniamo, troppo spesso, di essere - se non cristiani - appartenenti ad una Chiesa che troppe volte presta il fianco a facili critiche ed ironie. Luce e sale; siamo chiamati a rendere testimonianza credibile al Vangelo attraverso le buone opere. E qui iniziano le difficoltà! Il cristiano non è chiamato a fare il "bravo ragazzo", né tantomeno ad ostentare le sue opere o a salvare il mondo! Il mondo è già salvo, mettiamocelo bene in testa, è che non lo sa. Ciò che io posso fare è il vivere da salvato, essere pubblicità del Regno, rendere presente la salvezza con il mio stile di vita.

In questa giornata, Signore, rendimi acceso, rendimi luce, tu che hai insaporito la mia vita con la tua presenza: la mia presenza sia sale e luce per chi incontrerò!