Omelia (24-06-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 1,57-66.80 Giovanni è l'unico santo, insieme a Maria, di cui ricordiamo la nascita e non solo la morte. E' un gesto di rispetto verso colui che Gesù stesso definirà il più grande fra i nati di donna. Giovanni è l'ultimo dei profeti, ancora tutto inchiodato alla mentalità passionale e minatoria del Primo Testamento, minacciando punizioni divine agli impenitenti, dovrà lui per primo, perplesso, mettere in discussione il suo ruolo e convertire il suo cuore a questo inusuale Messia. Grande Giovanni che hai saputo metterti in discussione, grande profeta che hai testimoniato col sangue la tua integrità, grande fratello che fino all'ultimo, dal carcere, hai dovuto affrontare il dubbio sulla vera identità di Gesù, tuo cugino. Manca la profezia ai nostri litigiosi e mediocri tempi. I profeti ci sono, certo, ma tacciono, forse disgustati dalla contrazione di umanità che stiamo vivendo. Sappiamo stanarli i silenti profeti, là dove vivono, che non accarezzino le loro parole, ma che, piuttosto, ci scuotano e ci provochino al cambiamento. E che ciascuno di noi, nelle nostre comunità, sappia coltivare la profezia nel proprio modo di essere, nella possibilità di vivere e di costruire un modo nuovo, diverso, di vivere, alla luce del vangelo. Giovanni, il più grande tra i nati da donna, ci insegni, Signore a riconoscerti, a convertire il nostro cuore e ad essere, oggi, profeti là dove vivremo. |