Omelia (25-06-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Matteo 7,15-20 Gesù si è sempre distanziato da un atteggiamento, purtroppo diffuso in ogni forma di religiosità: il rischio, cioè, di essere legati all'esteriorità, di far diventare l'avventura del discepolato un mestiere e la passione della conversione e della vita nuova un fumo bruciacchiato di stanca devozione. La soluzione che Gesù propone ai discepoli è semplice: guardate i frutti. Ecco un modo semplice per poter misurare la nostra fede e la nostra pastorale: guardare i frutti. Domanda piccante: cosa è cambiato in questi anni nella mia vita? Se ho maggiore fiducia, maggiore serenità, maggiore luce, certamente è merito del vangelo. Così, il riconoscere tra i tanti guru del nostro tempo i veri profeti, è relativamente semplice: le grandi persone si vedono dai piccoli gesti. Una parola, inoltre, sul criterio evangelico del saper riconoscere gli effetti della nostra pastorale: dico spesso ai miei parrocchiani, per sdrammatizzare quando una qualche iniziativa non ha funzionato o per tirare su di morale una catechista: "Tranquilla, il regno di Dio avanza, lavori in corso, scusate il disagio". Sì amici, il metro di misura delle nostre comunità non è l'efficienza ma l'amore, non il profitto – fosse anche spirituale – ma la gioia data dal saperci amati. Lontani dalla logica mondana, convertiamo i nostri cuori alla tenerezza di Dio che conosce e ama i suoi figli. Aiutaci a capire questi nostri tempi, Signore, aiutaci a capire il valore delle cose che facciamo alla luce del vangelo e non nella fredda logica di questo mondo. |