Omelia (01-01-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Luca 2,16-21 Le feste si accavallano: appena appena smaltita la melassa natalizia con tutti i suoi riti consumistici (siamo sopravissuti ancorati alla fede?), eccoci al Capodanno che, anno dopo anno, insidia da vicino la popolarità del Natale, quasi come contraltare di una festa dai contorni poco chiari e paganeggianti; come dire: abbiamo pensato a Dio, adesso pensiamo a noi. Già: festeggiare il nuovo anno. Ma per cosa? Un anno che sapremo simile a quello appena trascorso, con le sue contraddizioni, le sue magagne, le sue guerre... che strano l'animo umano! Sempre pronto a lamentarsi, non può fare a meno di celebrare il rito della speranza e dell'augurio e di un futuro migliore a tutti i costi. Ma per noi cristiani, ancora tutti affascinati dalla luce che è scesa a illuminare i nostri cuori, riempiti dalla gioia di un Dio che ci abita, l'inizio del nuovo anno acquista una coloritura tutta particolare, che riempie di significato la speranza di un anno nuovo. Un anno donato, per noi cristiani, un anno in più consegnatoci per realizzare in noi il progetto del Regno di Dio. Dio dice del bene del tempo che ci dona, costruisce il bene dentro la nostra vita, ben sapendo che l'uomo ha continuamente bisogno della sicurezza della Sua presenza dentro il suo inquieto pellegrinare nella storia. Ecco perché la Chiesa celebra l'arrivo di un nuovo anno: per offrirlo a questo Dio che, solo, può riempirlo di significato. Capodanno che per noi cristiani è anche Festa di Maria, Madre di Dio. La Chiesa ci propone come modello per tutto l'anno l'atteggiamento di Maria che, come ci ricorda il Vangelo, medita tutte le cose successe nella nascita del figlio. Già: abbiamo bisogno di fermarci, durante l'anno, ogni giorno, e lasciarci illuminare dalla Parola che ci salva. Abbiamo bisogno di capire dove situare, come interpretare e capire le cose che ci accadono. Maria è colei che accoglie la sfida di Dio, che fa della propria vita il luogo in cui Dio può manifestarsi e ci viene proposta come esempio del cristiano che mette assieme i vari aspetti della sua vita. Nella traduzione italiana viene perso il significato originale della complessa parola greca che indica il meditare di Maria. Letteralmente Maria "mette assieme i vari simboli", cioè cuce la propria vita e i suoi accadimenti per scorgervi il progetto di Dio. Non è forse uno sbaglio grande che facciamo noi cristiani quando releghiamo Dio in un angolo della nostra vita? Il primo gennaio, da più di vent'anni, è diventato la giornata mondiale di preghiera per la Pace. Il dono della pace, annunciato dagli angeli agli uomini di buona volontà, è, purtroppo, dono troppe volte svenduto, manipolato, quando non palesemente violato. Le tragiche immagini di centinaia di bambini vittime delle nostre inutili guerre sono davanti ai nostri occhi e ci spingono a pregare con fede e serietà perché l'uomo accolga il dono della Pace. Ma, attenzione, pregare non basta: solo se ciascuno di noi diventa operatore di pace, ponendo dei gesti di non-violenza concreti nella propria vita, schierandosi a favore della solidarietà e della giustizia, potremo sognare un mondo diverso per i nostri figli. Violenza che trapela dalle nostre parole, dalle nostre meschinità, dai nostri litigi, dalle nostre piccole divisioni egoistiche... quanti muri da abbattere! Le grandi guerre non sono che la somma delle nostre piccole guerre e i grandi egoismi la somma dei nostri piccoli egoismi... E che tristezza vedere che, proprio nei paesi di più antica tradizione cristiana, ci si scanna come bestie! Il dono della pace va coltivato da cuori pacificati e pacificatori, apportatori di quel sentimento di benevolenza che per il cristiano è la logica conseguenza del suo incontro con Dio. Dio ci abita. Dio è qui. A noi accoglierlo come Maria, nel silenzio e nello stupore, per essere riempiti della sua pace, per fare del tempo che ci è donato un inno di grazie alla sua misericordia. Buon anno! |