Omelia (05-01-2003)
Paolo Curtaz
Commento Giovanni 1,1-18 (forma breve: Giovanni 1,1-5.9-14)

Prego, allacciarsi le cinture di sicurezza, stiamo per decollare.
Giovanni, colpito improvvisamente da overdose di Spirito Santo (succede a quei tali che si fidano di Dio e a cui Dio alla fine riesce a far breccia nel cuore), guarda con compassione noi vittime dell'altronatale e della vecchiarda-befana (propongo la stampa di un adesivo con la faccia disperata di Gesù bambino e la scritta "salvate il Natale!" come per le balene) e decide di alzare il nostro livello di riflessione peraltro bassino. Siamo onesti: la conoscenza media della fede del cristiano medio in Italia è piuttosto deludente. Bastano e avanzano le quattro nozioni imparate a catechismo e le qualche frasi captate d'ogni tanto alla predica. Splendido! Non bisogna stupirsi del grande proselitismo che fanno i nostri fratelli musulmani... A parte il piglio polemico del sottoscritto, stanco di vedere cristiani demotivati e tiepidi, san Giovanni, che ha l'abitudine di volare in alto, in diciotto versetti sintetizza tutto il mistero dell'incarnazione del Natale. Tutto significa tutto: perché Dio c'è, chi è Gesù, chi siamo noi, dove stiamo andando, come finisce il libro della storia. E lo fa con uno sguardo ampio, con un respiro cosmico. Cosmico, capite? Non legato alla sua situazione, alla sua esperienza, ai suoi problemi, eccetera. Già questo ci indica una strada. Se – talora – la nostra vita ci va stretta, non sarà magari perché siamo tutti chiusi nel nostro guscio e incapaci di uscire da noi stessi, di alzare lo sguardo verso Dio? Cosmico significa al di là, dentro, capire cosa ci sto a fare, dove va il mondo, perché le cose siano, dov'è la verità. Dio, dice Giovanni, esiste da sempre. Dio, dice Giovanni è tutto, è la pienezza. E ogni cosa è stata fatta per mezzo di Lui ed è presente un frammento della sua gloria in ogni cosa. Che bello! E' la conclusione (più o meno) a cui sono arrivate quasi tutte le esperienze religiose della storia dell'umanità: Dio è, ed è presente. Questo significa che attraverso le cose noi possiamo in qualche modo risalire a Dio. Ah, se non fossimo miopi e presbiti e astigmatici spiritualmente! Guardiamo un panorama innevato (mentre sto scrivendo) con la natura che sfodera tutta la sua potenza e non sappiamo alzare lo sguardo. Anzi, rischiamo di fare della natura un idolo. No, tutto è come un gigantesco dito puntato oltre, come un ladro maldestro che dissemina di indizi la scena del delitto, così il nostro Dio ci spinge ad andare al di là del materiale e del sensibile...