Omelia (09-11-2003) |
don Elio Dotto |
Riconoscere il primato di Dio nella storia Il dialogo di Gesù con la donna samaritana presso il pozzo di Sichar – da cui è tratto il Vangelo (Gv 4,19-24) di questa domenica, festa della Cattedrale di Roma – è un terreno insidioso. Fu insidioso, in quel tempo, per la Samaritana, che dovette mettere a nudo la sua vita davanti alle parole di quello sconosciuto maestro. Ma questo dialogo è insidioso anche per il lettore moderno, che vorrebbe piegare le parole di Gesù a suo uso e consumo... Mi riferisco qui alla frettolosa interpretazione di chi vede nelle affermazioni di Gesù sul culto un sostanziale rifiuto dell'esteriorità: come se «adorare Dio in spirito e verità» significasse in ultimo fare a meno delle chiese e dei riti esteriori. Le parole del Maestro erano certo in polemica con le discussioni «clericali» di quel tempo, che vedevano contrapposti i Giudei ai Samaritani: i primi affermavano il primato del tempio di Gerusalemme, i secondi vi contrapponevano la preghiera sul monte Garizim. La controversia era chiaramente sterile: in un certo senso possiamo paragonarla a certe nostre inutili questioni di sacrestia... La critica di Gesù evidenzia appunto la sterilità della discussione: e tuttavia le sue parole non rinnegano semplicemente il culto esteriore. Infatti, l'espressione «spirito e verità» – secondo il vocabolario di Giovanni – non indica una realtà spirituale che si oppone al corpo, una realtà interiore che si oppone alla realtà esteriore: essa denota invece il primato di Dio – che è Spirito e Verità – nei confronti delle azioni umane, anche delle opere religiose. Di conseguenza, il culto «in spirito e verità» non è la preghiera interiore e individuale in contrapposizione al culto esteriore e pubblico. Piuttosto, «adorare Dio in spirito e verità» significa riconoscere pubblicamente che Dio agisce prima e meglio di noi, al di là delle nostre stesse pratiche religiose. Un simile riconoscimento aveva assunto in quel tempo il volto concreto di Gesù: esattamente nella sua storia – nelle sue parole pubbliche, nei suoi gesti esteriori, nella sua umanità visibile – si era manifestato il primato di Dio. «Io non ho parlato da me – aveva ribadito Gesù alla vigilia della sua passione – ma le cose che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me» (Gv 12,49s.). Allo stesso modo, oggi il riconoscimento del primato di Dio assume il volto dei credenti che fanno memoria di Gesù: e dunque non si risolve nell'interiorità della coscienza, ma ha bisogno di una qualche espressione pubblica. A questo proposito anche il culto esteriore è necessario: senza di esso – senza le chiese e i riti – non esiste una comunità; ma soprattutto diventa difficile testimoniare l'originalità dell'opera di Dio nella storia. Ne abbiamo la prova osservando un fatto che gli abitanti di Cuneo conoscono bene. Da alcuni mesi la chiesa del Sacro Cuore – nel centro cittadino – è chiusa per importanti lavori di restauro. La chiusura dell'edificio non ha certo comportato la sospensione delle attività pastorali della parrocchia: esse continuano regolarmente nelle altre cappelle e negli altri locali della comunità. E tuttavia la temporanea mancanza della chiesa ha creato un certo disorientamento, a detta degli stessi parrocchiani: perché è difficile testimoniare il primato di Dio senza chiese e senza riti! Ugualmente accadde in quel tempo per la donna samaritana presso il pozzo di Sichar: essa avrebbe voluto rispondere da sola – nel segreto del suo cuore – al bisogno di salvezza che urgeva dentro di lei; ma non poté proprio fare a meno della mediazione pubblica di Gesù. |