Omelia (25-05-2003) |
Paolo Curtaz |
Commento Giovanni 15,9-17 Oggi Gesù Risorto ci chiede di dimorare in lui per avere la gioia in pienezza. E', se volete, la conclusione logica del discorso fatto le scorse domeniche: lui, il buon pastore, ci chiede di essergli uniti come il tralcio alla vite, perché senza di lui non possiamo fare nulla. Sì: davvero il Signore è colui che ci comunica la gioia, davvero il "dimorare" in lui, l'abitare in lui ci può colmare di gioia. Ma è una lotta dura, una fatica, la dimenticanza è sempre in agguato. Le cose di ogni giorno non ci portano verso Dio, né tantomeno verso la gioia. Anzi: più spesso ce ne allontanano. Come fare, allora? Come perdurare nella Presenza? Anzitutto nella preghiera, che è la gioiosa partecipazione alla presenza di Dio nella verità e nel silenzio del cuore. Più avremo il coraggio di pregare e più avremo la percezione del "dimorare" nel Signore. Gesù ci suggerisce il modo concreto per dimorare: l'osservanza del comandamento dell'amore. E' difficile parlare di "comandamento" perché esso suscita reazioni adolescienzaili di "legge da rispettare" e, perciò stesso, ci diventa antipatico e mal sopportabile. No, mi piace di più usare la parola "disciplina". Ogni atleta, ogni universitario si dà una disciplina: degli orari, una dieta, una regola. Così la fede: occorre una regola, una disciplina per mantenere l'allenamento. E la disciplina consiste nel porre gesti d'amore nella concretezza, lasciar dialogare il sentimento con le decisioni, il cuore con la volontà, per trovare modi concreti del vivere la fede. Che Gesù risorto ci aiuti a dimorare nella gioia che nasce dall'amore! Tu hai dato la vita per noi tuoi amici, Signore; insegnaci a vivere come tu hai vissuto, per diventare benedizione ai nostri fratelli, Dio benedetto nei secoli! |