Omelia (16-11-2003) |
don Roberto Rossi |
Vegliate e state pronti "Vegliate e state pronti, perché non sapete in quale giorno verrà il Signore". Al termine ormai dell'anno liturgico siamo invitati dalla Parola di Dio a meditare sulle realtà ultime della terra e sulle realtà eterne. Così siamo aiutati a essere vigilanti, saggi, pronti, preparati. Ogni conclusione, ogni cosa che finisce ci richiama quella che è la grande fine del mondo, ci richiama anche la nostra fine personale sulla terra. Di fronte a queste cose ci vengono le domande e gli interrogativi più forti: Come sarà il futuro? Cosa avverrà? Come sarà la fine del mondo? Quando avverrà? (bisogna stare attenti a non andar dietro alle manie delle sètte, che ne vogliono sapere più di Dio!) E per quanto riguarda la mia vita, quanto durerà ancora? Come sarà il mio futuro, i miei anni nell'età avanzata, se vi arrivo? Come avverrà la mia morte? E dopo cosa ci sarà? Finisce tutto oppure no? Gesù ci aiuta: la sua parola e la sua vita sono come una luce grande e potente che illumina queste realtà per noi oscure e ci dà la possibilità di vedere il vero volto delle cose sulla terra e per l'eternità. Gesù ci dice: "Non sapete né il giorno né l'ora: vegliate e state pronti". E' un invito alla responsabilità, alla vigilanza operosa, all'attesa nella fede, nella preghiera, nelle opere buone. Ma Gesù non ci fa un discorso triste, pauroso, ma ci annuncia la "buona notizia" dell'incontro pieno e definitivo con il Signore: "Il giorno in cui verrà il Signore". Molti santi nel momento della loro morte dicevano: "Viene il Signore!". Se viene il Signore, che abbiamo cercato e amato nella fede, nel sacrificio, Lui ci salverà per sempre, anzi "saremo sempre con il Signore", dove non ci sarà più morte, né lutto, ma la gioia piena e definitiva: "Entra nella gioia del tuo Signore". Gesù dice: Guardate il fico o qualunque pianta: quando mette le foglie vuol dire che arriva la primavera e l'estate. Gesù ci insegna che la morte non è la fine, ma l'inizio di una vita nuova, una vita talmente più grande e più bella che neppure riusciamo a immaginare, come il bambino, nel grembo di sua madre, non riesce ad immaginare la sua vita, quando verrà alla luce. Ma quando viene alla luce esperimenta che è tutta un'altra cosa, immensamente più perfetta e neanche ricorda i mesi passati nel grembo della madre. Dice uno scrittore cristiano: "Dopo la vita, c'è la Vita" (con la lettera maiuscola). Ancor meglio S. Ignazio di Antiochia, in viaggio verso il martirio, afferma: "quando sarà giunto là, nella vita eterna, sarò veramente uomo". Così Benedetta Bianchi Porro che dice: "Non muoio, ma entro nella vita". "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me, dice Gesù, vado a prepararvi un posto e dove sono io, voglio che siate anche voi". Gesù è venuto per questo. E' venuto a salvarci da ogni pericolo e da ogni male, per portarci nella vita piena, nella libertà dei figli di Dio, nella Casa del Padre, dove lo vedremo così come egli è e noi saremo simili a Lui". Queste sono le parole della fede e della speranza cristiana. La speranza cristiana è la certezza che Dio porterà a compimento quanto Egli ha promesso. Dobbiamo coltivare nel cuore la meditazione sui "novissimi" (cioè le ultime cose: morte, giudizio, inferno, paradiso), ma non in maniera paurosa, forse come è avvenuto qualche volta in passato, ma in maniera luminosa, perché è la luce della parola, della vita, della salvezza di Gesù che illumina anche il cammino oscuro della sofferenza e della morte. "Se anche andessi per valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me". La nostra è la religione dell'amore, non del timore, della fiducia e della speranza, non dell'angoscia. Dobbiamo pensare con serietà e responsabilità all'incontro con Dio e al suo giudizio, cercando di fare il bene e opere buone il più possibile, lottando contro il male, implorando continuamente il perdono per i nostri peccati. Dobbiamo soprattutto vivere nella fiducia, nell'impegno, nel sacrificio, nella santificazione di tutta la nostra vita, per amore del Signore e per la salvezza degli uomini, nostri fratelli. Nell'incontro con il Signore avremo un solo grande dispiacere, quello di non aver fatto molto di più, come opere buone, e quello di non aver implorato continuamente con vera fede tutto il suo perdono sui nostri peccati. |