Omelia (16-11-2003)
mons. Antonio Riboldi
Il grande giorno

Tanta gente, quella che conosce la fragilità di questa vita che è, ripeto, un breve pellegrinaggio, che ha origine dal Cielo e dovrebbe avere il suo termine proprio in cielo, perché questo è il disegno di Chi ci ha creato, con giusto timore, sa che tutto ha la sua fine e che l'infinito è solo di Chi è l'Infinito per natura, Dio.
Sa che questa vita conosce la morte e quindi è mortale, perché l'immortalità appartiene solo a Chi è l'IMMORTALE, Dio, Alfa e Omega.
E giustamente teme, ripeto chi ha la coscienza che questa vita non è un gioco assurdo, ma è un dono che chiede libertà di risposta e responsabilità, perché in gioco c'è la nostra felicità eterna. Teme e di conseguenza cammina con i piedi della santità che forse si sono paralizzati.
E' inutile nascondercelo, ci assale un grande timore, sconosciuto ai santi. Così pregava Paolo VI pochi giorni prima di morire: "Ti saluto e ti celebro all'ultimo istante, sì, con immensa gratitudine, o Dio, e con ammirazione. Tutto è dono: dietro la vita, dietro la natura, l'universo, sta la Sapienza, sta l'Amore..!
Grazie, o Dio, grazie e gloria a Te, o Padre! Che io possa ora onorare Chi Tu sei, il Dio d'infinita bontà, invocando, accettando, celebrando la Tua dolcissima misericordia.
Curvo il capo ed alzo lo spirito. Umilio me stesso ed esalto Te, Dio, la cui natura è bontà.
Lascia che in quest'ultima veglia io renda omaggio a Te, Dio vivo e vero, che domani sarai mio giudice e che dia a Te la lode che più ambisci, il nome che preferisci: sei Padre...Meraviglia delle meraviglie è il mistero della nostra vita in Cristo.
Io credo, io spero, io amo nel nome tuo, Signore" (PaoloVI, pensieri sulla morte).
E la Scrittura ci dice pure che, come il nostro corpo si sbriciola su questa terra, come fosse un vestito di pellegrino, che deve durare il tempo del pellegrinaggio, per fare posto poi alla veste bianca della eternità, così questo mondo meraviglioso che, nella sua stupenda bellezza, racconta la sapienza, la bellezza, la potenza con cui Dio lo ha creato, come a fare da ornamento all'uomo, è destinato a subire la stessa sorte per essere "cieli nuovi e terra nuova" degna abitazione dell'uomo risorto.
E' quella che noi chiamiamo "fine del mondo".
Così la descrive il profeta Daniele: "In quel tempo sorgerà Michele, il grande principe che veglia sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo...
In quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque sarà scritto nel tuo libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotti molti alla giustizia risplenderanno come le stelle del cielo" (Dan. 12,1-3).
E Gesù avverte: "In quei giorni il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nel cielo saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed Egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino alla estremità del cielo" (Mc. 13, 24-30).
Giustamente la gente comune chiama quel giorno "la fine del mondo". E ne avverte i segni in quel lento sgretolarsi della terra e dell'universo che a volte pare contenga i segni della sua fine: la fine delle cose create non per gioco, ma come una meraviglia che dia lode al Creatore che dopo averle fatte esclamava "E vide che era bello".
Del resto pare che l'uomo, con quella follia che lo distingue, sembra voglia affrettare questa fine. Quante pazzie compiamo, in nome delle guerre, di tante tecnologie che, anziché giovare all'uomo, lo distruggono. Si ha come l'impressione che la follia dell'uomo a volte giunga a inventare ed applicare ciò che nuoce, dando via libera alla sua follia o peggio al primato del profitto. Basta vedere come poco fa per riparare il grande danno del cosiddetto "buco dell'ozono", che è la naturale difesa della natura. E noi siamo costretti a essere spettatori di catastrofi che, il più delle volte, ci avvicinano alla fine del mondo.
Ma Dio non si diverte a distruggere ciò che ha creato. Ciò che ha creato, come il nostro corpo mortale, è solo il preludio di qualcosa di stupendo ossia dei cieli nuovi e della terra nuova.
Un esempio in miniatura l'ho visto nel terremoto nel Belice. Furono pochi secondi in cui davvero sembrava che fosse giunta la fine di tutto. E difatti tutto fu distrutto, cancellando una storia di uomini che avevano posto la loro dimora terrena in quell'angolo d'Italia, che sembrava non avesse posto nella giustizia degli uomini. Ricordo come per 90 lunghissimi secondi, rinchiuso nelle mura della canonica, mi è venuto alla mente il Vangelo di oggi.
Ma quella "fine", sia pure con molta sofferenza, vide nascere cittadine nuove, il Vangelo di oggi chiama tutti all'avvertimento di Dio: "Vegliate e pregate...perché non sapete quando lo Sposo arriva per le nozze del cielo. Non fatevi trovare impreparati, come le cinque vergini stolte che andarono incontro al Signore con le lampade ma senza olio...alla fine, giunte in ritardo, quando oramai lo Sposo era giunto ed era entrato a nozze, bussando alla porta si sentirono rispondere "Non vi conosco!".
Vorrei fare mia la preghiera che don Tonino Bello scriveva ai suoi conterranei, chiamato all'episcopato. "O Signore, da' a quei miei amici e fratelli la forza di osare di più. La capacità di inventarsi. La gioia di prendere il largo. Il fremito di speranze nuove. Il bisogno di sicurezze li ha inchiodati a un mondo vecchio che si dissolve, così come hai inchiodato me su questo scoglio questa sera, col fardello di tanti ricordi.
Dai ad essi, Signore, la volontà decisa di rompere gli ormeggi. Per liberarsi da soggezioni antiche e nuove. La libertà è sempre una lacerazione. Non è dignitoso che a furia di inchinarsi si spezzino la schiena per chiedere un lavoro "sicuro".
Non è giusto attendersi dall'alto le "certezze" del ventisette del mese. Stimola tutti, nei giovani in particolare, una creatività più fresca, una fantasia più liberante e la gioia turbinosa dell'iniziativa che li ponga al riparo da ogni prostituzione. Una seconda cosa ti chiedo, o Signore.
Fa provare a questa gente l'ebbrezza di camminare insieme. Donale una solidarietà nuova, una comunione profonda, una cospirazione tenace. Falle sentire che per crescere insieme non basta tirar dall'armadio i ricordi del passato, ricordi splendidi e fastosi, ma occorre spalancare la finestra sul futuro, progettando insieme, osando insieme, sacrificandosi insieme. Da solo non si cammina più.
Concedile il bisogno di alimentare questa sua coscienza di popolo con l'ascolto della tua Parola. Concedi a questo popolo la letizia della domenica, la gioia della Eucarestia, il senso della festa, la gioia dell'incontro. Liberali dalla noia del rito, dall'usura del cerimoniale, dalla stanchezza della ripetizione. E che tutto nel tuo amore abbia il sapore della novità del cielo." (Tonino Bello, preghiera sul molo).


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