Omelia (11-10-2011)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Romani 1,22-23

Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un'immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. (Rm 1,22-23)

Come vivere questa Parola?

Tutta la Scrittura non fa' che elogiare la sapienza: "Non la eguagliano l'oro e il cristallo, né si permuta con vasi di oro fino", si afferma nel libro di Giobbe (28,17), e nel libro della Sapienza Salomone dichiara di averla preferita allo stesso trono. Eppure, anch'essa può diventare un tranello quando la si sgancia dalla sua sorgente, quando cioè non se ne riconosce il limite. Da "effluvio della potenza di Dio, emanazione della sua gloria e riflesso della luce perenne" (cf Sap 7,25-26) essa diventa caligine che offusca la visione e impedisce di spaziare nella vastità dell'orizzonte. Allora la mente finisce col piegarsi ossequiente dinanzi alle sue conquiste elevate a certezze assolute, nonostante che esse vengano poi puntualmente messe in discussione e soppiantate da altre scoperte.
Quella sapienza infinita e trascendente a cui esse tacitamente rimandano, talvolta non viene neppure presa in considerazione quale possibile ipotesi. Si preferisce raggomitolarsi compiaciuti in quanto si riesce a cogliere con le proprie forze, in ideologie propagandate dai vari profeti di turno, o anche nella rassegnata acquiescienza alle proprie pulsioni, il cui appagamento viene anch'esso elevato ad assoluto.

Ecco allora il "sapiente" piegare il ginocchio dinanzi al mito del possesso, del piacere, del potere, o cercare soccorso da chiromanti veggenti..., svendendo così la sua fondamentale grandezza.

In una pausa contemplativa, pregherò lentamente meditandolo il salmo 8. Volgerò poi lo sguardo, da esso illuminato, alla natura che mi circonda, cercando di scoprirvi le impronte di Dio.

La voce di uno scienziato

Non credo che l'universo si possa spiegare solo con cause naturali, e sono costretto a imputarlo alla saggezza e all'ingegnosità di un essere intelligente.
(Isaac Newton)