Omelia (12-10-2011) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su Romani 2,5 Con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te (Rm 2,5) Come vivere questa Parola? Il giudizio di fronte alla situazioni o all'agire degli altri scatta immediato dentro di noi, facendoci scivolare con facilità nella disapprovazione e nella condanna. Una tendenza comune a cui non diamo eccessivo peso quando la riscontriamo in noi, ma che ci ferisce quando è usata nei nostri riguardi. Certo, il giudicare rientra nelle capacità intellettive di cui siamo dotati ed è necessario valutare prima di prendere posizione e operare scelte per non essere preda di chi alza più la voce o subdolamente cerca di abbindolarci. Anzi, un compito certamente non secondario degli educatori è proprio quello di educare a una sana ed equilibrata capacità di giudizio. Ma attenzione a non diventare dei criticoni, sempre pronti a puntare il dito, a cogliere il neo, o, per usare il linguaggio evangelico, la pagliuzza nell'occhio del fratello, passando sopra alla trave che ci acceca. Limiti, difetti, errori da riprovare ne troveremo sempre soprattutto in chi ci vive accanto, ma anche gli altri non hanno difficoltà a rilevarli in noi. Una migliore conoscenza e accettazione di noi stessi e il riflettere su quanto siamo debitori verso la misericordia di Dio forse ci renderebbe più indulgenti con gli altri, più pronti alla comprensione e al perdono. Ciò su cui Dio richiama maggiormente la nostra attenzione non sono i nostri sbagli e neppure i peccati, ma la durezza e ostinazione del cuore che gli impedisce di riconoscere in noi i suoi tratti tipici: la misericordia, la benignità e il perdono. Proverò, quest'oggi, ad esercitarmi a guardare gli altri con lo stesso sguardo da cui mi sento guardato da Dio amore. Sciogli, Signore la durezza del mio cuore, rimuovi la sua ostinata chiusura all'amore, perché coloro che avvicino si sentano avvolti dal tuo amore misericordioso e rigeneratore. La voce di un santo ortodosso Giudica te stesso, allora cesserai di giudicare gli altri. (S. Serafino di Sarov) |