Omelia (21-10-2011)
Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Romani 7,21

Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.
Rm 7,21


Come vivere questa Parola?

Chi di noi non ha fatto l'esperienza di sentirsi interiormente lacerato sotto la spinta di queste due forze antagoniste? Da un lato l'attrattiva del bene con la sua indiscutibile carica di positività, dall'altra il male con le sue lusinghe, le sue promesse puntualmente smentite. Sarebbe sufficiente questa sola esperienza per convincerci della realtà del peccato originale. Uscito dalle mani di Dio, di cui porta indelebile l'impronta, il cuore umano avverte in sé un'insopprimibile nostalgia di aria pulita. Più o meno consapevolmente è alla ricerca del Suo volto. Il Bene rimane l'oggetto verso cui la volontà si protende, il desiderio profondo che la spinge ad andare oltre se stessa. Ma proprio qui s'innesca la lotta tra la propria creaturalità e l'attrattiva del bene. Quando questo bene è egoico allora spunta tiranna la malizia del cuore incapace di gestire sempre nell'amore la libertà. E ci si trova infine con l'amarezza di aver fatto ciò che non si sarebbe voluto fare: succubi di ciò che in fondo detestiamo.

"Chi ci libererà da questo corpo votato alla morte?" È il grido umanissimo di Paolo e di tutti noi quando sperimentiamo il limite. No, non bastano i pii desideri, le buone intenzioni e neppure i più ferrei propositi a garantirci contro la malizia del nostro cuore e gli assalti del Maligno. Con le sole nostre forze non possiamo fronteggiarlo. "Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore". È l'imprevedibile conclusione di Paolo. È l'approdo di chi ha sperimentato sulla propria pelle il bisogno bruciante di essere salvato e finalmente comprende che quella mano tesa è per lui: Cristo Signore.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, fisserò lo sguardo del cuore su Gesù Salvatore. E pregherò: Ti rendo grazie, o Padre, per il dono di Gesù, mio Salvatore!

Le parole di un mistico del V secolo

Chi vuole portare il cuore a perfetta purificazione, lo infiammi costantemente con l'invocazione del Signore Gesù, facendo di essa l'unica sua preoccupazione e la sua pratica costante.
S.Diadoco di Foticea