Omelia (23-11-2003) |
mons. Antonio Riboldi |
Solennità di Cristo Re C'è modo e modo di dare un senso alla vita. C'è chi la vede e vive come una avventura, più o meno accettabile, di cui tante volte non se ne capisce neppure il perché e conta giorni ed anni con un suo calendario. Un calendario che è come l'orologio del tempo: conta i suoi giorni dal I gennaio fino al 31 dicembre, per ripetersi sempre come l'aurora e il tramonto del giorno. Poche volte questa vita terrena ci offre gioie che, del resto passano in fretta e il più delle volte viene voglia di stracciare i fogli del nostro diario per dimenticare la noia o le angosce o gli errori. Annoiata da questa vita senza significato, un giorno una giovane e bella donna, come preda di una nausea insopportabile, mi disse: "Odio questa vita e non capisco perché vivo. Ma chi mai ha chiesto il mio consenso perché nascessi? Sono solo vigliacca perché non ho il coraggio di troncarla". Come invece fece un giovane (e oggi lo fanno troppi) che durante la leva militare, una sera, prima di coricarsi, piegò bene bene lenzuola e biancheria, come dovesse partire, e stava veramente preparandosi alla partenza senza ritorno che è la morte, scrisse una lettera ai genitori: "Vi ringrazio e di cuore di tutto quello che la vita mi poteva offrire e mi avete dato. Ora ho come le mani e il cuore vuoto che è come morto. Vi ringrazio di cuore e non piangetemi". Prese una corda e si impiccò. La Chiesa oggi, celebrando la festa di Cristo Re, chiude l'anno liturgico, ossia il tempo datoci da Dio come pellegrinaggio verso il Cielo in compagnia di Gesù, che è il solo senso della vita, ed il traguardo. Così parla l'Apocalisse: "Gesù Cristo, è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberato dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a Lui la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Ecco viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che Lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno il petto per lui. Sì! Amen. Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente" (Ap. 1,5-8). Il Vangelo di oggi ci presenta Cristo Alfa e Omega, Re dell'universo, Colui da cui e per cui tutto esiste, anche noi, nel momento in cui davanti a Pilato proclama senza sottintesi la sua sovranità. Possiamo con tanta commozione e amore contemplarlo nel momento in cui Gesù, Re dell'universo, viene portato davanti a Pilato. Si era fatto arrestare nell'Orto degli Ulivi, come fosse il Più debole, anche se il più innocente: l'unica cosa che gli si attribuiva era la verità della sua identità: "Era Figlio di Dio". Come il più debole degli uomini si lascia processare; subisce gli oltraggi della flagellazione: passa la notte come un pupazzo da divertimento; viene umiliato fino all'abisso delle umiliazioni; coronato per burla re e, in quel modo in cui non c'era più dignità di uomo, presentato a Pilato per il giudizio. La piazza impazziva di insulti, di condanne, lo voleva annientare con la crocifissione. "Pilato disse a Gesù: "Tu sei il re dei Giudei?" E Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?" Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me, che cosa hai fatto?" Gesù rispose: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei: ma il mio regno non è di quaggiù". Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?" Rispose Gesù: "Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Gv. 16,33-37). E' il modo di Dio di affermare cosa voglia dire essere re, o centro dell'uomo. Ha nulla a che vedere con quello che viene purtroppo predicato e praticato nel mondo. Per il mondo il concetto di potere significa, dominare, appropriarsi dell'uomo, come fosse una cosa da usare o piedistallo al proprio trono. Fa davvero inorridire il modo come oggi è cercato in tutti i modi il potere. Non è certamente la ricerca del bene di quanti sono soggetti al "proprio potere. Basta guardarci attorno per vedere come, con ogni mezzo possibile anche i più illeciti, fino alle guerre, gli uomini cerchino di prevalere sugli altri. E impressiona quello sgomitarsi, senza scrupoli per essere uno "che conta", ossia essere un potente. Ne soffre il mondo intero di questo che non chiamo regnare secondo Gesù, ma chiamo tirannia delle più terribili. L'uomo, ogni uomo, ha una sua dignità, una sua libertà, che si può solo servire, mai calpestare o usare per i propri fini. E' cancellare l'uomo stesso. Gesù nella sua vita ha scelto sempre di essere l'ultimo, il più povero, Colui che cerca di innalzare l'uomo, fino a farlo centro del suo amore. Lui ha voluto e vuole essere tra di noi, non per imporre un potere, ma per amarci. Lui sapeva e sa che l'amore non può mai essere un trionfo o un giogo sull'uomo, ma l'amore è un sacrificarsi perché lo schiavo sia libero, chi è debole sia forte, chi soffre trovi la gioia, chi si sente emarginato cammini con Lui nel mezzo della strada, chi si crede disprezzato in Lui trovi stima e grandezza, chi si sente come perso ritrovi la via, chi si sente senza importanza, trovi in Lui la vera importanza, chi si sente nessuno in Lui sia tutto. E per ottenere questa regalità occorreva ed occorre farsi servo, ossia mettersi un grembiule ed avere la gioia di lavare i piedi dei fratelli. "Io non sono venuto per essere servito, ma per servire" dirà nell'ultima cena agli apostoli. E sulla croce fecero bene a mettere "Gesù Nazareno re dei Giudei". Perché è da lì, dal farsi nulla, che l'amore fa diventare chi è nulla un tutto. Ma conta ancora Gesù oggi nella nostra vita? Ci sentiamo "suoi" rifiutando ogni altra mortale regalità umana, o stupidamente ci affidiamo ai capricci, alle superbie, al carrierismo degli uomini, pronti a lodarti quando servi loro e calpestarti quando non servi più? Ma verrà un giorno che tutte le fragili potenze dell'uomo si sbricioleranno e sarà Lui, il Cristo ad apparire Re nella gloria del cielo e giudicarci. Ero Parroco nel Belice dopo il terremoto e l'8 maggio dello stesso anno, il Presidente del consiglio, On.le Aldo Moro, venne a visitarci. Osservava, ascoltava, si lasciava riempire dei lamenti della gente. Era il giorno della Supplica di Pompei. Con lui aveva portato un quadro della Madonna di Pompei. Alle 11 venne nella Chiesa baracca e stette per un'ora in adorazione e partecipò alla Supplica, lasciando impietrita la gente che non ebbe più coraggio di parlare. "Come è difficile, ci disse, incarnarci nella vostra sofferenza e servirvi. Cercherò di essere vostro servo come Gesù". Voglio con voi gridare a Gesù le parole che Paolo VI rivolse in un appello ai fedeli di Manila, in una sua visita apostolica, nel novembre 1971: "A voi cristiani, io ripeto il suo nome, a tutti lo annuncio. Gesù Cristo è il principio e la fine; l'alfa e l'omega. Egli è il Re del nuovo mondo; Egli è il segreto della storia; Egli è la chiave dei nostri destini; Egli è il mediatore, il ponte tra cielo e terra... Gesù Cristo! Ricordate questo è il nostro perenne annuncio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra e per tutto il correre dei secoli. Ricordate ed ascoltate: il Papa è venuto qua tra voi e ha gridato: Gesù Cristo...è il nostro Salvatore, il nostro supremo benefattore: Cristo è il nostro liberatore. Cristo ci è necessario per essere uomini degni e veri nell'ordine temporale e uomini salvati ed elevati nell'ordine soprannaturale" (Manila Novembre 1971). |