Omelia (30-11-2003) |
padre Paul Devreux |
Commento Luca 21,25-28.34-36 Oggi cominciamo l'avvento, l'attesa della venuta di Gesù. Gesù si è incarnato due mila anni fa a Nazaret, ma è bene continuare ad aspettarlo, sia per il suo avvento definitivo, sia per il nostro incontro definitivo con lui, sia per la sua venuta continua nella nostra vita. L'attesa è la condizione permanente di colui che desidera incontrare il Signore. Il Vangelo apocalittico d'oggi, risveglia in me la paura di qualche catastrofe. Gesù m'invita a non dare tanta importanza a queste paure, ma piuttosto di usarle come un ammonimento che mi ricorda che è meglio confidare in Dio che nelle mie sicurezze umane. Gesù viene a salvarmi da una condizione d'estrema vulnerabilità. Dice il Vangelo: "Gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che deve accadere sulla terra". Questo già succede, ogni volta che qualcuno preferisce la morte o la fuga dalla realtà, piuttosto che affrontare le difficoltà. Pregate sempre, ci dice Gesù, per crescere nella confidenza con Lui. Ciò che abbiamo davanti non è la morte ma l'incontro con Dio. La preghiera mi aiuta a vivere con questa prospettiva, che toglie potere alle altre prospettive catastrofiche. Il Signore viene, la scena di questo mondo passa. Penso sia meglio guardare a colui che viene e pregare col Salmo 61: "Solo in Dio riposa l'anima mia; da lui la mia salvezza. .. Solo in Dio riposa l'anima mia, da lui la mia speranza." |