Omelia (30-11-2003)
mons. Vincenzo Paglia
Commento Luca 21,25-28.34-36

Con questa domenica inizia il tempo di preparazione al Natale. E un tempo di attesa per la nascita di Gesù. Sono passati più di duemila anni da quel giorno che cambiò non solo il calendario ma la vita stessa del mondo. Il profeta Geremia lo previde: "Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda. In quei giornie in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia" (Ger 33, 14-15).
Quei giorni sono venuti. Ma noi siamo a tal punto chini su noi stessi e sui nostri problemi da rischiare di non accorgercene. L' Avvento viene a scuoterci dal nostro torpore perché non ci sovrasti uno stile di vita scialbo e triste. Le parole del Vangelo vengono a scuoterci: "Badate bene. Non lasciatevi intontire da orge e ubriachezze. Non abbiate troppe preoccupazioni materiali. Altrimenti diventerete pigri, vi dimenticherete del giorno del giudizio e quel giorno vi piomberà addosso improvvisamente. Infatti, esso verrà su tutti gli abitanti della terra come un laccio. Voi invece state svegli e pregate senza stancarvi".
Stare svegli e pregare. Ecco cosa ci è chiesto da oggi a Natale. Il tempo che viene chiede a ciascuno un impegno serio di vigilanza: "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina", dice Gesù. È tempo di alzarsi dalla pigrizia dell'egocentrismo e di pregare. Alzarsi vuol dire attendere qualcosa di nuovo, o meglio qualcuno che è nuovo: Gesù. Si tratta perciò di orientare i nostri pensieri e le nostre speranze verso colui che deve venire. E la preghiera è legata alla vigilanza. Chi non attende non sa cosa significa pregare, non comprende cosa vuoI dire rivolgersi al Signore con tutto il cuore. La preghiera nasce sempre dall'attesa di qualcuno che deve venire e inizia quando alziamo il capo da noi stessi per rivolgere gli occhi al Signore. "A te, Signore, innalzo l'anima mia", canta l'inno di ingresso della liturgia di questa domenica. I giorni che ci separano dal Natale siano giorni di frequentazione del Vangelo, giorni di ascolto e di riflessione. È questo il senso della vigilanza e della preghiera.
Non passsi giorno pertanto senza che almeno una parola sia stata deposta nel nostro cuore. E' vero, spesso il nostro cuore somiglia ad una grotta buia. Ma in questo tempo di Avvento può divenire, come quella grotta di Betlemme, il luogo ove il Signore Gesù rinasce. Scriveva un mistico del Seicento: "Nascesse Cristo mille volte a Betlemme, ma non nel tuo cuore, saresti perduto in eterno". Prepariamoci ad accogliere Gesù che viene a salvarci.