Omelia (25-12-2011) |
don Alberto Brignoli |
Si è fatto uomo! Da sempre, l'uomo cerca di spiegare Dio. Cerca di capirlo, di interpretarlo, e a volte ha cercato pure di nominarlo, di assegnargli un nome. La tradizione ebraica, da sola, gliene attribuisce settantadue; quella islamica, novantanove. L'Altissimo, l'Eccelso, l'Immortale, l'Eterno, l'Infinito, l'Onnipotente; e poi ancora, l'Assoluto, il Creatore, l'Innominabile, l'Uno, il Signore, il Principio e la Fine. E anche le caratteristiche, ci dicono di lui: Misericordioso, Fedele, Giusto, Liberatore, Santo, Pietoso ma insieme Giudice, Terribile, Dominatore, Misterioso e Nascosto. E poi la filosofia, che lungo i secoli lo definisce Sostanza innata, Motore immobile, Ragione pura, Spirito libero, Orologiaio del mondo, Proiezione di un immaginario represso, Oppio del popolo, Essere che non c'è più, che è morto. E quindi l'Essere, Colui che era, e che ora è entrato nel Nulla, addirittura è diventato il Nulla. Esatto: il Nulla, ciò che l'uomo ha ottenuto ogni volta che ha provato a parlare di Dio. E ci prova ancora, cercando di scoprirne l'origine e la sostanza in un laboratorio di Ginevra: lo chiama "Particella di Dio" (nome certamente migliore di quello scientifico), lo attribuisce alla scoperta di un fisico (il "Bosone di Higgs"), e nei primi mesi del prossimo anno lo presenterà al mondo come ciò che diede origine alla Creazione. E nell'occasione, lo faranno pure incontrare con il Papa, convinti forse che il Papa possa proclamare un dogma al riguardo. Ma sarà tutto perfettamente inutile. Perché ci ha già pensato Lui, a proclamare e rivelare la propria identità. "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo". Dio si è rivelato all'uomo molte volte e in diversi modi, e qualche volta l'uomo l'ha pure capito. Ma indipendentemente da quello, alla fine dei tempi, ha deciso di rivelarsi là dove nessun uomo avrebbe mai pensato di incontrarlo: nel tempo e nello spazio. Nel suo tempo e nel suo spazio. Nel suo tempo, nel tempo dell'uomo; ciò che l'uomo trova dentro di sé, quando la sua vita ha inizio, ma che paradossalmente si ritrova incapace a gestire, perché nessun uomo, alla fine, è padrone del suo tempo. E allora, il nostro tempo ce lo gestisce Lui: gli dà un inizio, gli stabilisce una fine, e contro lo scoglio del tempo fa infrangere le onde del nostro orgoglio. E poi nello spazio; ciò che l'uomo trova al di fuori di sé, intorno a sé, e che per un misero frammento di tempo è pure chiamato ad occupare e a gestire. In affitto, però, mai da padrone. Perché nessuno di noi è mai padrone dello spazio che occupa: nulla abbiamo creato, e nulla ci porteremo via. Nel tempo e nello spazio, là dove mai avremmo cercato Dio, è lui che viene in cerca di noi e assume il nostro tempo e il nostro spazio. E - cosa ancor più sconvolgente - lo fa incarnandosi. Assume non solo tempo e spazio, ma carne, sangue e ossa. Anima e corpo. Sentimenti, valori, pensieri, riflessioni, reazioni, rabbie, gioie e dolori. Non più adorato in un Tempio, e neppure più solo contemplato nel Creato: Dio si rivela nella nostra carne mortale. Si fa uomo, fragile, misero, malato, indifeso, debole; precario, padre separato con figli a carico, disoccupato, in cassa integrazione, con mutui, Ici, Imu, tasse da pagare e rospi da ingoiare; senza prospettive, senza futuro, senza sicurezza per le strade, senza un tetto sotto il quale dormire, senza tolleranza perché straniero, senza protezione perché donna, senza dignità perché diverso. E intorno a lui, un'altra umanità, anche se si fatica a definirla tale: sicura di sé, orgogliosa, senza scrupoli, incapace di pagare ciò che è giusto ma capace di scommettere su qualsiasi cosa, indifferente a ogni tipo di crisi, insensibile a ogni sofferenza, spregiudicata nel corrompere, sicura di sé come dei soldi che possiede. Certo, anche quest'umanità entra nel presepe. Perché ogni presepe ha il suo castello di Erode. E ogni presepe ha sempre mucchi di sabbia e tanta, tanta paglia. Brillante e soffice, ma pur sempre sabbia spazzata dal vento; sottile e luccicante d'oro, ma pur sempre paglia, destinata a bruciare e a fare fumo. Su di essa, oggi si adagia un corpo, il corpo di un Bambino appena nato, il germoglio della Vera e Nuova Umanità. Che oggi assume un Volto, una Storia e un Nome. Un Volto sofferente nel quale riconoscerlo, una Storia complicata nella quale incontrarlo, un Nome mai dato a Dio nel quale poterci salvare: il Dio Incarnato. A volte, un Dio Incarnato che è pure un'assenza. Ma l'assenza di Dio non è mai inesistenza. Il Dio assente è solo "un Dio nascosto", non è un Dio inesistente. È nascosto, e insieme Rivelato. È proprio come la nostra misera storia di ogni giorno, a volte splendente come il sole, a volte buia come la notte. Una cosa è certa: la nostra realtà è dura, ma chi vive fuori dalla realtà non ha corpo, non ha tempo e non ha storia. E quindi, non ha salvezza. Perché non ha Dio, perché non è Dio. Perché Dio "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". |