Omelia (25-12-2011)
mons. Antonio Riboldi
Santo Natale: la gioia di sapere che Dio è tornato tra noi

Il Natale riempie sempre il mondo di aria di serenità. Non se ne capisce forse la ragione, ma di fatto il Natale è sempre, per tutti, 'la festa dell'amore'.
E' un fatto che a Natale il cuore si allarga, come avessimo trovato la gioia di stare insieme, come ragione del cuore. Natale ci insegna che l'uomo non è solo, ma ha bisogno di qualcuno che veramente lo ami e lui possa amare.
Possiamo, come è nello stile del consumismo, fare della solennità del Natale, solo un motivo di festa terrena, una festa che dura poco, ma il NATALE ha il suo fascino, per un Evento, grazie al quale, anche se non ci crediamo, Dio fa pace con noi e ci riapre la Sua Casa.
E' davvero incredibile, ma stupendo, che Dio, l'immenso, infinito, che non ha bisogno certamente di noi, che siamo poca cosa, possa riaprire le porte del Cielo, dopo che le aveva dovute chiudere per quel grande errore dei nostri progenitori che, cedendo al serpente preferirono l'affermazione del proprio egoismo alla dolcezza di accogliere l'amore del Padre ed essere sue creature.
Ci si confonde anche solo pensare che Dio apre portarci a Casa, abbia riaperto il Cielo, mandando Suo Figlio tra di noi: ha vissuto con noi per fare esperienza di questa terribile vita di tutti i giorni che viviamo, come uno di noi, per poi DARE LA SUA VITA SULLA CROCE e riaprirci il Paradiso, la sola Casa in cui potremo trovare quella felicità e amore, totale ed duraturo, di cui abbiamo tanta sete.
Incredibile, solo a pensarci, che il Padre abbia potuto pensare a noi, inviando il Figlio a provare in tutte le forme, tranne il male, quello che vuol dire vivere su questa terra, e, nello stesso tempo, additandoci la vita del Paradiso.
Il bello del Natale è tutto qui.
Immedesimiamoci nel semplice racconto evangelico, che è come una grande sinfonia divina.
"In quel giorno un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento su tutta la terra. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea, salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare con Maria sua sposa che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo.
C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse: 'Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore. Questo per voi un segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia".
E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e Pace in terra agli uomini che Egli ama" (Lc. 2, 1-14)
Si rimane sconcertati anche solo leggendo come, Chi è non solo il Creatore del mondo, ma l'Amore nella grandezza infinita di Dio, nel suo ingresso tra noi non scelse forme pompose, ma l'estrema nudità umana. Davvero Dio volle provare su di Sé quella povertà che è il grande sogno dell'amore, che si fa dono. Nulla trapela della Sua gloria infinita, se non il canto degli Angeli.
Quello che colpisce è che nasce in solitudine, anche perché Giuseppe, pur avendo cercato tra la gente un luogo degno della nascita di tale bimbo, come dice l'Evangelista Giovanni:
"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe". (Gv.1, 1-18)
Noi uomini siamo abituati a cercare un posto di prestigio ed è molto difficile conoscere la bellezza della umiltà. Ma Dio, pur essendo davvero, non solo il Tutto, ma Colui che dà senso al nostro niente, sceglie la via della umiltà e povertà, che sono, ancora oggi, la via delle anime che si sforzano di fare posto alla santità, alla gioia e all'amore, divenendo come 'una mangiatoia che accoglie' il Bambino.
"Gesù, commenta Paolo VI, è venuto nel mondo come medico delle profonde malattie umane. Venne tra noi come il più povero di noi. La povertà di Cristo è il più stretto rapporto di vicinanza esteriore che Egli poteva offrire agli uomini. Gesù ha voluto mettersi all'ultimo livello sociale, affinché nessuno lo potesse credere inaccessibile. Ogni ricchezza temporale è in qualche modo divisione e distanza tra gli uomini. Ogni prosperità stabilisce un 'mio' e un 'tuo' che separa gli uomini e li unisce in un rapporto che, come non è comunione di beni, così tanto spesso non è comunione di spirito... La povertà di Cristo ci appare allora sotto un aspetto meravigliosamente umano: essa è segno della sua amicizia, della sua parentela con l'umanità.
E' quella umanità che lo incontrerà, abbassando i tanti muri che il benessere crea, e così lo incontrerà, lo capirà, lo avrà suo".
Che la povertà vera ed in spirito abiti nel nostro cuore, per renderlo 'mangiatoia' dove trovano posto tutti i bisognosi: questa è la bellezza del Natale. Non solo, ma così, facendosi poveri per i poveri, la nostra vita si fa gioia, sperimentando la bellezza del donarsi, come avviene a Natale, e, speriamo, non solo in questa occasione.
Il primo Natale a S. Ninfa', dopo il terremoto del gennaio 1968, lo celebrammo all'aperto tra le rovine del paese. Ma fu un sentirsi tutti più vicini, con un senso di comunità che creava gioia e speranza. Ricordo che quella notte, una notte in cui il cielo sembrava si fosse vestito di stelle, talmente era pulito, guardavamo verso il cielo e ci sembrava di essere anche noi a vivere in una mangiatoia. Ma il fatto di pensare al Natale di Gesù e quel sentirsi uniti come non mai, creò una atmosfera di amore e di gioia, che ha dato un sapore di serenità a tutti.. .eppure il terremoto ci aveva distrutto tutto, ed eravamo davvero poveri, ma con speranza.
Sentivamo, davvero, guardando quel cielo stellato, come se Dio avesse voluto ricordarci così che ci voleva tanto bene, che un giorno sarebbe stato diverso.
Oppure mi ricordo ragazzo, quando la mia famiglia era nella povertà assoluta. La vigilia, con papà, per racimolare qualcosa (eravamo 5 fratelli e papà e mamma) la sera della vigilia ci recavamo da una parente che aveva una macelleria, per vedere se le era rimasto qualcosa. Si 'metteva insieme' quanto era rimasto sulle ossa del prosciutto e con quelle poche cose si faceva Natale.
Ma per noi ragazzi il momento più bello restava sempre la Messa di mezzanotte e subito dopo il deporre la statua di Gesù Bambino nel presepe, che era la grande attrazione di tutti.
Quanto poco ci vuole per celebrare la vera gioia che Gesù dona a Natale!
Oggi abbiamo forse tanto, ma la felicità è dove si sa vedere il 'tanto', nella vera gioia che ci viene dal sapere che Gesù, Dio, è con noi.
Così fa risaltare la bellezza del Natale Giovanni XXIII:
"Il Natale di Betlemme è umile, mite di cuore, povero e innocente. Egli è costruttore di pace, e, già per essa, si appresta al sacrificio estremo! Questa è la strada segnata da Gesù Cristo: questa l'incarnazione per ogni uomo; che accoglie il divino messaggio con prontezza di adesione...
Da Betlemme l'incoraggiamento all'applicazione del vivere sociale: sconfitta di ogni egoismo, intelligente conoscenza delle necessità altrui, trionfo della fraternità perfetta".
Da qui il mio augurio a voi, che con me cercate la strada di Betlemme: quella vera, che ciascuno cerca con fatica, per arrivare al Mistero stupendo di sapere che Gesù, non fermandosi alle nostre miserie, cerca in noi 'la mangiatoia' dove trovare posto perché possa realizzarsi in pienezza la nostra stessa vita.
Un grande ringraziamento a tutti per essere con me nella ricerca, come i Magi, a trovare Gesù e da Lui ricevere quella grande gioia che lui solo sa dare.
Un augurio particolare per chi soffre, è malato, con la certezza che Gesù è particolarmente vicino, direi di casa con voi.
Ricambio il grande affetto che mi donate ed è per me incoraggiamento nel continuare a servire la Parola di Gesù, fonte di vita.
Con una promessa: in modo particolare sarete presenti nella Eucarestia che celebrerò nella notte di Natale.
Vi voglio tanto bene ed auguro pace e gioia