Omelia (24-12-2011)
don Luca Orlando Russo
Un bambino avvolto in fasce

È inutile celebrare il Natale e tentare di approfondirne il mistero se non lo colleghiamo al mistero della morte e della risurrezione. Il mistero dell'incarnazione, celebrato nella notte di Natale, rinvia direttamente al mistero dell'amore di Dio, rivelatosi in pienezza nel mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Il Dio che si fa uomo nel Bambino di Betlemme è il Dio che muore nell'Uomo della Croce a Gerusalemme per amore! Betlemme e Gerusalemme non vanno mai considerati separatamente. Søren Kierkegaard, commentando la storiella del re che voleva sposare una ragazza poverissima e di infime origini e, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch'egli un servo, scrive: "Questa è l'insondabilità dell'amore, il fatto di non diventare per scherzo, ma seriamente e veramente uguale all'amato ... Ogni altro tipo di rivelazione sarebbe un'impostura per l'amore di Dio".
Fatta questa premessa, non è allora difficile capire perché il Vangelo di Luca, da un lato, ci presenta l'arroganza dell'imperatore che ordina "un censimento di tutta la terra" e, dall'altro, la scelta di Dio che non si rivela ai "grandi" della terra, ma ad umili quanto insignificanti pastori. Maria e Giuseppe con la loro povertà e umiltà sono in linea con il resto del racconto. Per loro non c'era posto nell'alloggio e si ritrovano in un luogo di emergenza per il parto. Il piccolo, appena nato, viene avvolto in fasce deposto in una mangiatoia, la scena ispira tenerezza e non ci lascia dubbi: l'evento della nascita di Gesù si svolge al di fuori dei centri del potere politico e religioso. Restiamo scandalizzati da tanta umiltà e semplicità, al punto che non ci sembra possibile che in questa situazione tutte le promesse di Dio relative al Messia giungano a compimento.
Le pagine dell'Antico Testamento del tempo di Avvento ci avevano condotto a pensare in grande e ora restiamo quasi delusi davanti a questa scena. Il profeta Geremia, però, ci viene incontro e recita: «O speranza d'Israele, suo salvatore al tempo della sventura, perché vuoi essere come un forestiero nella terra e come un viandante che si ferma solo una notte? Perché vuoi essere come un uomo sbigottito, come un forte incapace di aiutare? Eppure tu sei in mezzo a noi, Signore, il tuo nome è invocato su di noi, non abbandonarci!» (Ger 14,8-9).
A noi che siamo sempre in attesa di un Dio che, compiendo opere prodigiose e miracoli, ci affascini con la sua onni-potenza e colmi il vuoto della nostra im-potenza, la rivelazione di un Dio debole potrebbe anche non piacere. Mi chiedo: cosa diremo quando a Lui piacerà rivelarsi sul legno della croce, respinto da tutti? Non è contradditorio allora celebrare il Natale seguendo chi ne ha fatto una festa dove la sobrietà e la povertà devono cedere il posto al consumo?
Riappropriamoci del Natale così come il vangelo ce lo presenta, altrimenti proprio quando la vita si fa difficile e sperimentiamo la fatica di convivere con le nostre e altrui fragilità, non sappiamo a chi chiedere aiuto.
Buon Natale!