Omelia (25-12-2011) |
Agenzia SIR |
Commento su Gv 1,1-18 Dalla storia di un piccolo popolo, Israele, in un territorio angusto e conteso, la Palestina, all'improvviso l'orizzonte dilata i confini e raggiunge gli estremi. Il nuovo popolo del Signore è universale, anche se viene dal seme della stirpe di Davide, e porta in sé il Messia che viene. Di fronte all'umiltà nascosta di Maria e di Giuseppe, sta il potere universale dell'imperatore che decreta il censimento del mondo intero. Cesare non sa che Dio se ne serve per compiere i tempi della salvezza universale. Anche la nascita del Figlio di Dio avviene a Betlemme, in obbedienza alle profezie che la vogliono nella città di Davide. Il grande evento è a servizio di quello piccolo, l'intera storia di Israele e quella di tutti i popoli della terra convergono verso la capanna di Betlemme, dinanzi a Maria e Giuseppe chini sul loro primogenito. Che cosa è accaduto di così grande per il mondo e per la storia? La risposta merita un po' di attesa e di silenzio adorante. Del censimento nessuno si ricorda; dalla Nascita del primogenito tutti siamo stati salvati e la storia ogni volta può riprendere fiducia e speranza. Su tutto si staglia la grandezza umile e obbediente di Maria e Giuseppe, radicati nella consapevolezza che tutto è nelle mani del Padre. Per mestiere e condizione di vita, i pastori sono povera gente, strana e staccata. Rappresentano ogni povero. Eppure a Natale sono attraenti e significativi, quasi fossero figure simboliche. Vegliano nella notte per custodire il gregge. Celebrano una misteriosa attesa. Non vale dormire se c'è qualcosa e qualcuno da attendere. Gli angeli li spaventano, ma si lasciano avvolgere e illuminare dalla luce. L'annuncio è per loro: "Vi è nato", perché i poveri sono i veri destinatari dell'evento. Oggi viene dato agli uomini di vivere sulla terra quello che è proprio del cielo. I pastori lodano e glorificano Dio come avviene nella liturgia celeste. Isaia aveva annunciato: "Un bambino è nato per voi". Anche ogni bambino che nasce è Emanuele, Dio con noi e per noi e finché nascerà un bambino, il cielo continuerà a parlare con la terra. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |