Omelia (06-01-2012) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Pastori o Magi, tutti a Betlemme Abbiamo visto nei pastori i primi destinatari del messaggio di salvezza apportato dall'angelo che li esorta a correre a Betlemme, dove troveranno il Bambino nella mangiatoia. Essi sono uomini rozzi, incolti e illetterati, esclusi dalla società d'Israele perché non in grado di conoscere la Legge di Mosè, eppure proprio a loro e non ai dotti scribi e farisei viene recato l'annuncio della gioia del Dio Bambino. Dopo i pastori vi sono altri uomini che vengono attratti dal Bambino; essi vengono da Oriente e la loro provenienza, nonché la formazione e la figura che li caratterizza, differiscono notevolmente da quelle dei mandriani di Betlemme. Tuttavia, tracciando le dovute proporzioni e osservando con attenzione ogni particolare, essi si trovano nella stessa condizione di quegli umili e ignoranti pastori: i Magi sono anch'essi messi al bando dal "sano" popolo d'Israele non già per la loro ignoranza, ma al contrario per la loro eccessiva sapienza e dottrina che li conduce a dischiudere ogni aspettativa nei confronti del Trascendente e del sacro. Uomini come i Magi, cioè osservatori dei fenomeni astrali, scrutatori della volta celeste, studiosi atti ad interpretare ogni aspetto della vita in ragione della posizione delle stelle, non potevano per loro natura ammettere l'esistenza di un Dio personale, tantomeno di un Dio che si incarnasse in un Bambino. La loro visione del mondo e dell'uomo si interpretava con la sola razionalità o al massimo a seconda di come essi osservassero la posizione delle stelle. Appunto per un atto di "superstizione", avviene anche per loro un fenomeno proporzionato a quello dei pastori di Betlemme: se quelli avevano avuto bisogno dell'angelo che rivelava loro un "segno" nella mangiatoia, questi invece vengono condotti a Betlemme dal "segno" particolare di una stella insolita al cui seguito essi si pongono animati dalla sola credenza astrologica per poi concludere che di astrologia non si trattava, e neppure di astronomia o di alcun'altra scienza empirica o sapere filosofico, ma semplicemente della Verità che veniva loro offerta nella semplicità di una culla: il Dio fino ad allora cercato forzatamente e per vie contorte nel raziocinio esasperato, adesso si presentava loro spontaneamente e senza riserve. Ed essi accorrono alla casa (non più la grotta) ove giace il fanciullo dimentichi del loro raffinato sapere e della loro cultura di provenienza esternando, una volta giunti a destinazione, la loro fede nel Dio Signore, Re e Salvatore. Pastori e Magi compendiano la pluralità dei popoli a cui è rivolto tutt'oggi il messaggio di salvezza e specialmente nell'episodio dei Magi si pone il non facile compito della Chiesa dell'evangelizzazione nell'esigenza dell'inculturazione. Tuttavia è il Bambino medesimo a offrire la soluzione adeguata, poiché semplicemente giacendo in fasce attira e raccoglie nell'unità molti uomini di estrazioni e di etnie diverse. Non per niente la "casa " nella quale entrano i Magi ad adorarlo viene identificata come luogo di raccolta nell'unità (pandokeuon) con la predisposizione intrinseca ad accogliere nella familiarità e nell'intimità tutti coloro che vogliano farvi ingresso, non importa di quale provenienza o estrazione sociale. L'inizio vero e proprio del Vangelo si avrà successivamente con l'annuncio di Gesù "Il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo", ma anche in questo evento della nascita il Bambino silente e privo di ogni autocoscienza realizza l'universalità dell'annuncio di salvezza semplicemente giacendo, visto che attorno a lui un po' alla volta si raccolgono uomini, popoli e razze che diventano una sola, al punto da suscitare in Erode l'idea della sfida al potere istituito. In ultima analisi, il Verbo Incarnato e debilitatosi nelle membra esili di un Bambino si manifesta al mondo apportando già i frutti della salvezza e tale manifestazione, definita Epifania (epi - faino) è necessaria al Natale, è ad esso immediatamente congiunta, poiché Dio lascerebbe incompleta la sua comunicativa con l'uomo se una volta nato nella carne non si manifestasse. Non per niente, nella liturgia del primitivo cristianesimo, Natale ed Epifania costituivano un'unica celebrazione, una sola Festa. La celebrazione odierna ci assicura della certezza di un Dio che oltre che a raggiungere l'uomo definitivamente e nella completezza della Rivelazione che è Gesù Cristo, si premura di mostrarsi a Lui come il Dio della vita, dell'esperienza quotidiana, delle pene e delle ansie di tutti i giorni, ma ci ragguaglia che solo grazie alla sua libera iniziativa di manifestazione noi possiamo toccare con mano la verità e la vita. L'appello rivolto ai pastori delinea che Dio, nel mostrarsi all'uomo con tutte le sue prerogative di garanzia, prescinde dalla comune mentalità terrena di affermazione umana, di arrivismo e di presunta grandezza; la manifestazione ai Magi sottende che la vera sapienza consiste nel riconoscere che vi sono ambiti che la scienza e la filosofia non sono in grado di scrutare perché la Trascendenza le sovrasta. Ammettere la trascendenza è sinonimo di vera sapienza e di reale erudizione, ma ciò richiede umiltà e sottomissione al Mistero considerando che il Mistero stesso è stato Umiltà assoluta nell'incarnarsi a beneficio dell'uomo. |