Omelia (01-01-2012) |
Agenzia SIR |
Commento su Lc 2,16-21 I pastori, come Maria, accolgono la Parola in silenzio. Dal silenzio che è ascolto nascono le parole buone; quelle di Maria che magnifica il Signore, quelle dei pastori che "dicevano l'un l'altro" e "riferirono ciò che del bambino era stato detto loro". Dall'annuncio, l'ascolto; quindi la decisione di mettersi in cammino: "Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere". La gioia viene dal fatto che i nostri occhi vedono che è proprio vero, che accade quello che dice la Parola del Signore. Maria insegna ancora che tutto questo va conservato nel cuore. Il primo gennaio è consacrato alla preghiera per la pace. Noi amiamo la pace e ne soffriamo la mancanza. Ancora oggi intorno a noi quello che accade è la violenza, la guerra; prevale l'arroganza e la stessa economia alimenta l'ingiustizia. L'uomo non è capace d'imparare dalla storia e dai propri errori; è incapace di cambiare. Cosa suggerisce la fede? Di iniziare da noi stessi. Solo un cuore in pace con se stesso, può diventare portatore di pace. È la scelta di chi incontra la pace profonda nell'amore di Dio. L'amore di Dio converte la mia violenza e la mia rabbia in accoglienza e misericordia. I santi lo avevano capito fino in fondo, come Francesco d'Assisi. Signore, fa di me uno strumento della tua pace; dove è odio che io porti l'amore, dove è offesa che io porti perdono, dove è discordia, che io porti l'unione, dove è l'errore, che io porti la verità, dove è il dubbio che io porti la fede, dove è disperazione che io porti la speranza, dove è tristezza che io porti la gioia, dove sono le tenebre, che io porti la luce. Signore, che io cerchi non tanto di essere consolato, quanto di consolare; di essere compreso, quanto di comprendere; di essere amato, quanto di amare. Poiché è donando che si riceve; è perdonando che si è perdonati, è morendo che si risuscita a vita eterna. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |