Omelia (08-01-2012)
Ileana Mortari - rito romano
Vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui

La festa del Battesimo del Signore, che chiude il ciclo liturgico del Natale, ci presenta un episodio della vita di Gesù fondamentale per due ragioni: la sua storicità e il suo ruolo essenziale nella missione del Nazareno.
Anzitutto la sua storicità. Com'è noto, i vangeli non sono un'opera di carattere storico, né una cronaca, né una biografia di Gesù, ma un testo - inedito nel suo genere letterario unico di "testimonianza e annuncio" - scritto per proclamare la Buona Novella del Regno portata dal Nazareno, per offrire una fondamentale testimonianza su Gesù, Messia e Figlio di Dio, e per portare avanti la catechesi e la formazione della comunità cristiana.

I vangeli non vanno dunque presi alla lettera in ogni loro dettaglio, ma adeguatamente letti e interpretati. La loro base è indubbiamente storica: Gesù è stato un uomo della Galilea della 1° metà del I° secolo d. Cr., in carne e ossa, con determinate caratteristiche fisiche e psicologiche e ha concretamente parlato e operato nel territorio palestinese per la durata di tre anni. I testi degli evangelisti ci riferiscono il contenuto delle sue azioni e dei suoi discorsi sul fondamento di questi dati di fatto, ma utilizzando forme espressive, generi letterari, immagini della cultura giudaica del tempo, che vanno tenuti presenti, se si vuole evitare una lettura "fondamentalistica".

Ci sono dunque dei criteri per stabilire il maggiore o minore livello di "storicità" delle pagine evangeliche; uno di questi è quello denominato della "discontinuità": quando un dato evangelico non è riconducibile alle convinzioni della comunità cristiana, significa che si tratta di un elemento senz'altro risalente a Gesù stesso. Quanto all'episodio della liturgia odierna, mai gli evangelisti, convinti dopo la Resurrezione che Gesù è il "Signore" glorificato, avrebbero "inventato" un episodio che ci presenta il loro Maestro inferiore a Giovanni Battista e soprattutto in fila con i "peccatori" (Lui che è "il santo, l'innocente senza macchia" - Ebrei 7,26), per ricevere un battesimo "purificatore"! Se i redattori riferiscono episodi di tal genere, lo fanno perché vogliono essere fedeli a ciò che Gesù ha sicuramente compiuto. E anche il fatto che l'episodio è riferito da tutti e quattro i vangeli depone ulteriormente a favore della sua storicità.

Ora, pare proprio che questo episodio del battesimo abbia dapprima molto imbarazzato e addirittura scandalizzato la Chiesa (Gesù tra i peccatori?!), finché non ne venne capito il senso; allora i primi cristiani, raccontando il battesimo di Gesù, lo arricchirono, secondo il metodo omiletico proprio della sinagoga, di una "visione": questa è l'espressione esterna di una profonda esperienza interiore vissuta da Gesù (che la confidò poi ai suoi discepoli) e che nel vangelo di Marco si trova ai vv.10-11.

Questi ultimi non vanno dunque considerati alla stregua del precedente v.9, che riferisce il fatto storico-cronachistico del battesimo di Gesù, ma come la spiegazione, da parte del redattore, di quel gesto. Infatti nel caso (unico!) del Nazareno, il battesimo, lungi dall'essere - come per le altre persone battezzate - segno di conversione da un'erronea vita precedente, è piuttosto fondamentale momento di manifestazione (o "epifania") dell'identità e della missione di Gesù: Egli compie le profezie e le attese messianiche dell'A.T., la cui eco si avverte in tutta la pericope.

"Vide aprirsi i cieli": Gesù ha una "teofania" (=manifestazione di Dio), in cui l'aldilà gli si mostra. Questo "aprirsi" dei cieli sembra proprio la risposta ad un'invocazione accorata che troviamo in Isaia: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" (Is.63,19). Ecco dunque finalmente l'irruzione del divino nella sfera dell'umano: è l'intervento decisivo di Dio; perché, dopo un lungo periodo di assenza dello Spirito, Dio ricomincia a parlare, e questa è la volta definitiva.

"e lo Spirito discendere su di lui": la discesa dello Spirito su Gesù rimanda a diversi testi profetici, tra cui Isaia 11,1-9: "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,.....su di lui si poserà lo Spirito del Signore" e Isaia 61,1: "Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione". La discesa dello Spirito, dunque, è l'"unzione", cioè la consacrazione di Gesù fatta da Dio stesso, l'investitura del Messia (parola di origine ebraica che significa appunto "unto" = consacrato) in vista della sua missione. Il particolare "scendere fino a lui" (nel testo originale) sottolinea la coscienza messianica di Gesù, che proprio in quel momento e in quella circostanza viene a conoscere la missione salvifica che Dio gli ha affidato.

"come una colomba": questo denota la rapidità della discesa dello Spirito. Il simbolo della colomba poi compare più volte nell'A.T. con svariati significati, che possiamo conservare, cogliendone tutta la ricchezza in riferimento al Redentore.

1° - un'antica esegesi rabbinica paragonava il librarsi dello Spirito di Dio sulle acque nella creazione (cfr. Gen.1,2) allo svolazzare della colomba sulla sua nidiata; dunque colui che scende su Gesù è lo Spirito creatore, che in Lui porta a compimento la creazione dell'uomo.

2° - la fine del diluvio universale (Genesi 6-9) è indicata da una colomba che ritorna all'arca di Noè portando nel becco un ramoscello di ulivo, simbolo di pace: segno che si rinnova l'alleanza di Dio con l'umanità; e in Gesù avremo la Nuova Alleanza.

3° - in Osea e in alcuni salmi la colomba simboleggia il popolo di Israele; dunque è conferita a Gesù la missione di portare a termine il raduno escatologico del popolo di Dio.

"E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto": dopo l'esperienza visiva viene descritta quella uditiva; Gesù ode la voce di Dio che, riecheggiando il salmo messianico 2, 7 e il cantico del Servo sofferente di Isaia 42,1, dichiara a Gesù la sua filiazione divina e l'accettazione che Dio fa dell'offerta di sé da parte di Gesù.

Il Servo è colui che deve dare la vita per instaurare il diritto e la giustizia nel mondo intero (cfr. Is. capp.49 - 50 - 53). In questo modo Marco prefigura l'universalità dell'opera del Messia e mostra come il messianismo di Gesù si discosta completamente dall'idea trionfale e politica del regno messianico che allora dominava nel mondo giudaico.

Ma c'è ancora un significato da esplicitare. Abbiamo detto che, quando Gesù si mette in fila con i peccatori per ricevere il battesimo, questo non significa affatto che egli abbia dei peccati da confessare; significa però qualcos'altro, e molto importante: Gesù è solidale con i peccatori; si mette in fila, si abbassa, si umilia. E' un gesto significativo, programmatico, che anticipa tutte quelle situazioni in cui, nel suo ministero, Gesù si sarebbe messo dalla parte dei poveri, degli ultimi; perché, "essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" (Ebrei 4,15), Egli, nostro fratello, è venuto nel mondo per condividere in tutto la condizione degli uomini.