Omelia (06-01-2012) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Epifania Il giorno di Natale è ormai trascorso, il nuovo anno è incominciato, le festività stanno terminando. Per molti si è trattato di qualche giorno di vacanza e di riposo; per altri di una pausa per l'interiorizzazione cosciente di un evento che dà respiro alla speranza e a propositi di rinnovamento; per altri ancora di giorni "normali", addirittura più faticosi del solito, per l'attenzione rivolta ai riti e alle tradizioni, per il clamore della folla, per l'allegria scatenata dei piccoli; per alcuni, infine, per chi ha perso il posto di lavoro, o una persona cara, di feste natalizie più tristi, nel contesto di una vita già triste e senza speranza. Siamo stati ancora una volta aggrediti dai messaggi dei media tendenti a fare di questi giorni un'isola felice, intimistica e sentimentale, in stridente contrasto con una Parola che agisce nel silenzio del nostro cuore, con una Persona che si manifesta al mondo senza sovrastrutture, nella povertà più totale, nella fragilità di un bimbo, di un piccolo. Non bastano le celebrazioni rituali delle festività per eliminare nell'uomo di oggi la solitudine, l'estraneità, talvolta la disperazione; il disagio permane fino a quando non viene saziato l'insaziabile bisogno di comunicazione e di dialogo, e finché non viene liberato il nostro incatturabile bisogno di libertà. Nei giorni scorsi abbiamo fatto il memoriale dell'incarnazione di Gesù: un'incarnazione che continua nella storia facendoci prendere coscienza della nostra liberazione; oggi facciamo il memoriale della sua manifestazione al mondo, la sua epifania. Se il Cristo non si fosse incarnato e manifestato le ragioni della nostra disperazione e del nostro sgomento sarebbero vittoriose; ma la logica dell'incarnazione ci avvolge tutti e dà cuore alle ragioni di speranza che vanno ben al di là della speranza nella ragione umana. Perché l'incarnazione non è un gioco: Gesù non ha giocato a fare l'uomo, non lo ha mimato, è uomo, e lo ha dimostrato appunto manifestandosi ai rappresentanti dei popoli della terra nella sua condizione più fragile e indifesa. In questo modo egli ha rotto definitivamente il dualismo classico tra il "sacro", inteso come l'universo di Dio, e il "profano" inteso come l'esistenza reale dell'uomo. Da quel momento il mondo è diventato un tempio, il luogo di culto per eccellenza. L'uomo non può essere un'eco nel cuore del cristiano e di ogni uomo o donna di buona volontà. Stupenda e geniale questa festa della manifestazione. Ci dice che la logica dell'incarnazione e della manifestazione vale anche per noi. Ci coinvolge nell'esistenza di uomini e donne inseriti nel ritmo frenetico di una vita che mantiene come modelli di riferimento suggestioni consumistiche, l'esaltazione dell'effimero, rapporti interpersonali superficiali, banalizzati, compromessi, ma ci obbliga nel contempo ad assumere posizioni impegnative, controcorrente. Come quella del bimbo deposto nella mangiatoia, la nostra è una visibilità debole e fragile. Come non pensare allora alla manifestazione della Chiesa? Attendiamo con impazienza il giorno in essa diventerà realmente una famiglia. È questo il modo in cui essa dovrebbe realmente manifestarsi. Una famiglia vera, in cui tutti hanno uguale dignità, in cui i più piccoli sono al centro. Per fare una Chiesa così ci vuole un po' di coraggio: il coraggio di una famiglia. Tanto coraggio quanto quello di seguire una stella per strade sconosciute e per mille pericoli, fino alla scoperta di un Dio che ha accettato di porre la sua tenda in mezzo a noi. TRACCIA PER LA REVISIONE DI VITA 1) Che cosa ci richiama la festa dell'Epifanie; solo la fine delle festività natalizie, i riti un po' pagano della "befana", oppure il nostro impegno a manifestarci al mondo? E se sì, come? 2) Che cosa facciamo per far sì che la nostra Chiesa, la nostra comunità cristiana, sia davvero una famiglia? Luigi Ghia Direttore della rivista "Famiglia Domani" |